Cultura

Hermann Hesse: a sessant’anni dalla sua morte

di Emilio Del Bel Belluz

Il 9 agosto 2022 si ricorda il 60° anniversario della morte dello scrittore tedesco Hermann Hesse, avvenuta a Montagnola, nel Ticino, in Svizzera. Era nato nel 1877 a Calw nel Wurttemberg, in Germania. Hesse era un uomo del bosco, amava la solitudine, la forza che danno gli alberi, e la voglia di vivere che la natura dona a chi la osserva. 

Hermann Hesse se fosse ancora tra noi in questi mesi di siccità in cui gli incendi danneggiano migliaia d’ettari di bosco si troverebbe in una condizione di sofferenza che nemmeno la penna gli servirebbe per cercare quel po’ di gioia che la letteratura non ha mai negato a nessuno. Questo innamoramento della natura lo paragona a due grandi personaggi della letteratura: Knut Hamsun, scrittore norvegese Premio Nobel per la letteratura nel 1920, e il tedesco Ernst Junger che non si allontanavano dal mondo della natura e dal passaggio al bosco, ove raccoglievano tutte le forze che il vivere con l’uomo non donava. 

Erano alla ricerca di un mondo nel quale ritrovare la linfa che permetteva all’uomo di primeggiare. Lo stesso dicasi per lo scrittore Hamsun che con Hesse condivideva il mondo della natura e il vagabondare per cercare quelle emozioni che la vita vissuta in modo stanziale non dava. Hamsun, che era più vecchio di Hesse, credo che sia stato per lui un maestro. Le opere letterarie di questi tre scrittori, così simili e così diversi, dovrebbero trovare un posto in ogni biblioteca. Nella mia li ho messi tutti e tre assieme. 

Al primo posto il pensatore norvegese Hamsun, al secondo Hesse, e al terzo per ordine d’età, lo scrittore Ernst Junger. Indagando nella vita di Hesse emergono dei particolari che lo accomunano agli altri due. Per esempio, il cattivo rapporto con la scuola, considerata una perdita di tempo nella quale vengono imposte delle regole che non collimano con uno spirito libero. Nel caso di Junger la noia per la scuola e lo spirito d’avventura irrefrenabile lo spinsero a fuggire di casa e ad arruolarsi nella Legione Straniera. Fu il padre di Junger ad andarlo a scovare e a riportarlo a casa, muovendo le sue conoscenze più importanti. Il vecchio genitore si era fatto promettere dal giovane figliolo di finire almeno il liceo e poi avrebbe potuto seguire il suo destino. 
L’occasione per fare quello che si era prefissato fu lo scoppio della Grande Guerra che gli permise di partire volontario per il fronte e grazie al suo eroismo si guadagnò la medaglia Pour le Mérite, la più alta onorificenza che la patria tedesca potesse dare; infatti furono in pochi a riceverla. 

Hermann Hesse aveva tentato di arruolarsi nell’esercito di Guglielmo II, il Kaiser ma non vi era riuscito per motivi legati al suo fisico. Non per questo si arrese, e amando la guerra volle rendersi utile in qualche modo. Inviò ben cinquecentomila libri ai soldati tedeschi al fronte e a quelli prigionieri nei vari stati. La sua grande forza, che non potendo donarla alla patria con il fucile, la dava con la penna. Per questo fondò e diresse una rivista che veniva mandata ai prigionieri tedeschi detenuti in Francia. Un bollettino che cercava di rincuorare coloro che erano prigionieri. 

Il primo mestiere della sua vita lo deve alla sua passione per il latino. Fu il padre che gli trovò un impiego in una libreria che cercava una persona di fiducia che conoscesse bene il latino e per lui fu una fortuna che gli permise di lavorare tra i libri. Nel 1919 lasciò il suo Paese, dove aveva moglie e figli per trasferirsi in Svizzera, lasciando la terra dove era nato e dove era vissuto con l’idea di trovarsi un nuovo mondo più legato alla natura, sentiva fortemente la necessità di un cambiamento. Era già un autore conosciuto, amato da una generazione che stava con difficoltà uscendo dalla guerra che aveva visto la Germania distrutta, cancellata dal suo orgoglio, e la fine della monarchia. La Svizzera gli piacque subito, ritrovava un mondo nuovo nel quale affezionarsi, dimenticando il passato. 

Lo scrittore aveva come risorsa gli scritti che poteva ancora fare, e i suoi guadagni erano andati proprio in quella direzione. Da un punto di vista economico gli bastava poco per vivere, non eccedendo nel lusso. Raccontava che usava gli indumenti finché si consumavano. Nel cibo era molto parco, si nutriva con i prodotti derivanti dalla coltivazione dell’orto alla quale dedicava molto tempo, e che alla fine era la sua medicina per vincere la depressione che s’impadronì del suo cuore. Come lui stesso diceva l’aveva curata in modo naturale, estirpando le erbacce del suo orto, e andando per i boschi alla raccolta di castagne. La fama che aveva non l’avrebbe mai abbandonato, a tenerla legata erano i libri che pubblicava. Teneva in grande considerazione i suoi lettori, rispondendo a tutte le lettere che riceva sottraendo del tempo allo scrivere. Si dice che rispose ad almeno trentacinquemila lettere di ammiratori che lo cercavano attirati dai suoi scritti. Quando un lettore legge un libro di uno scrittore, gli piacerebbe conoscerne l’autore, magari parlargli come si parla ad un caro amico. Quando questo non è realizzabile, l’unica possibilità che gli resta é quella di scrivere al maestro. 

Una volta andò a trovarlo uno studente che aveva appena fatto una tesi di laurea su di lui. Mentre stavano parlando, Hesse gli disse che doveva rispondere ad un lettore di 18 anni che gli aveva fatto una domanda ben precisa.” Qual é la cosa più importante nella vita?” Allora Hesse chiese al giovane che si era laureato di dargli una risposta. Costui non riuscì a rispondere, allora Hesse con molta naturalezza chiese conforto a Confucio che diceva:” La cosa più grande è essere fedeli a se stessi e voler bene agli altri”. Con l’aiuto di Confucio risolse il problema che assillava il giovane studente. 

A quelli che si mettono a leggere per la prima volta Hermann Hesse, consiglierei d’iniziare con il libro Racconti brevi e quello che racchiude la sua storia e la sua filosofia di vita è: L’uomo con molti libri. In questo racconto c’è la descrizione del personaggio principale che pare essere l’autore stesso. “C’era un uomo che già nella prima giovinezza si era ritirato dal chiasso della vita, che lo intimoriva, per rifugiarsi tra i libri. Viveva nella sua casa, le cui camere erano piene di libri, e non aveva rapporti se non con i suoi libri. Gli pareva, avendo una grande passione per il vero e il bello, che fosse di gran lunga più giusto vivere in stretto rapporto con gli spiriti più nobili dell’umanità che esporsi alla casualità e agli uomini presso i quali la vita, casualmente, lo aveva condotto”. 

Quello che rimane di uno scrittore che si è amato sono le pagine che ce lo ricordano, sono i momenti di pace che un suo libro ancora trasmettono. Il romanzo Siddharta compie quest’anno cent’anni ed è un’opera che viene continuamente ristampata perché è ancora molto attuale. Un manuale che aiuta a vedere dentro la vita, a riflettere sul perché un uomo vive, facendo riferimento anche alla saggezza indiana. E’ un libro che il viandante dovrebbe tenere nel suo zaino, e nei momenti di serenità, dopo aver camminato molto, leggere qualche pagina per ristorare la mente. 

Lo scrittore Enzo Siciliano scrisse un articolo sulla felicità che, a mio giudizio, aiuta a conoscere più in profondità, la figura di Hess. La felicità messa in cornice: “E’ la felicità : il sentimento purissimo della felicità di vivere. La felicità vissuta come un tepore quieto nel cuore: un flusso che scorre ininterrotto. Luci intense del giorno, profondi bagliori al crepuscolo, il sole come una rosa nella nebbia: la primavera con la luminosità iridata dei fiori, l’estate con gli incendi d’oro delle biche, l’autunno con gli umidori che salgono dai laghetti e si acquattano fra i salici bassi, l’inverno con i riflessi cupi e sottili dei ghiacci o la chiarezza abbaccinantente della neve nel giorno limpido”. 

Il mondo di uno scrittore come Hermann Hesse è fatto di tanti momenti nei quali il richiamo a Dio si sente. Lo scrittore dichiarò che non avrebbe potuto vivere senza la fede, la fede lo conquistava ogni giorno. Per questo ci sono delle foto dove lo si vede accanto a una chiesa, o a un piccolo capitello in contemplazione, assorto nell’osservare il creato. Riporto una citazione dello scrittore premio Nobel nel 1946, Hermann Hesse : “Amate chiese ticinesi, amate cappelle, edicole e nicchie, quante piacevoli ore ho passato come vostro ospite. Quanta gioia mi avete procurato, quanta gradevole, benefica ombra, quanti moniti per ricordarmi quello che non facciamo, quanti richiami a una lieta, coraggiosa, sincera pietà vitale. Quante messe ho ascoltato tra le vostre pareti, quante pittoresche processioni ho visto uscire dai vostri portali e sperdersi nel paesaggio colmo di luminosità. Fate parte di questa terra come i monti e i laghi, come le valli selvagge profondamente incassate, come il suono capricciosamente giocoso che si diffonde dai vostri campanili”. 

La pace interiore per lo scrittore è data anche dal vivere quotidianamente la sua fede in Dio. Le sue riflessioni sulle questioni fondamentali della vita umana continuano con le sue opere, sempre più importanti, in una società in cui impera la cancellazione delle sue radici cristiane. La morte lo colse nella sua casa, aveva ricevuto dal Signore la cosa più bella che potesse concedere a un cristiano, morire dove aveva vissuto. La moglie chiamò il suo medico personale, perché il marito non scendeva dalla sua stanza. Il medico si precipitò nella casa, e trovò lo scrittore riverso sul fianco sinistro, accanto a lui l’ultimo libro che aveva letto: Le confessioni di Sant’ Agostino. Nella pagina aperta del libro c’erano alcune gocce di sangue, l’ultimo segno del poeta che raggiungeva la pace del Signore.

Emilio Del Bel Belluz

Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 21:23