Veneto, Turismo

“Cammini Aperti” in Veneto, il 13 e 14 aprile

“Scopri l’Italia che non Sapevi – Viaggio Italiano” è un progetto congiunto di promozione turistica delle Regioni Italiane facente parte del Piano di Promozione Nazionale 2022 del Ministero del Turismo . Tra le attività portate avanti, ora, ce n’è una volta alla valorizzazione del turismo lento, una modalità di viaggio sempre più in voga che permette di assaporare appieno anche angoli meno noti della nostra Penisola, magari con la primavera.

È “Cammini Aperti” che ideato dalla Regione Umbria - in qualità di capofila per il turismo slow - si pone l’obiettivo di essere il più importante evento nazionale dedicato ai sentieri/itinerari, promuovendo i valori dell'accessibilità. Si terrà il 13 e 14 aprile, 42 i cammini coinvolti, 2 per ogni regione e provincia autonoma, con oltre 2000 partecipanti, previa iscrizione sul portale dedicato. Le escursioni/passeggiate saranno condotte da guide ambientali escursionistiche o accompagnatori di media montagna. Tra le caratteristiche di ogni percorso: essere un anello e avere una lunghezza tra i 6 e i 10 km. A essere coinvolti in “Cammini Aperti” anche due importanti partner il CAI – Club Alpino Italiano e FISH – Federazione Italiana Superamento Handicap.

Il CAI, Ente pubblico vigilato dal Ministero del Turismo, ha lavorato selezionando 21 cammini, uno per ogni regione, e identificato un tratto di questi - di lunghezza variabile - sui quali portare persone con difficoltà motoria mediante l’impiego di Joilette e/o carrozzine. Inoltre, su tutti e 42 cammini lo stesso darà informazioni, distribuendo un vademecum, per incentivare la pratica responsabile dell’outdoor. FISH, invece, si impegnerà attivamente per garantire l'accessibilità di questi percorsi, lavorando affinché le persone con disabilità possano partecipare pienamente alle escursioni.

Attraverso iniziative di sensibilizzazione e collaborazioni con le autorità locali e le federazioni regionali sarà promosso un sistema di turismo lento accessibile e inclusivo per tutti, anche per coloro con mobilità ridotta. A tal proposito verrà redatto un documento con linee guida per tutte le realtà del terzo settore e le regioni per una fruizione il più possibile reale. In Veneto “Cammini Aperti” si terrà sul Cammino delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e a Monselice Città dei Cammini.

Cammino delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene – sabato 13 aprile. Si tratta di un’immersione nelle bellezze naturali, storico e artistiche dell’area prealpina trevigiana , con i suoi ripidi pendii, campi, boschi, vigneti, vallate e creste. Un viaggio da vivere con una passeggiata di 5,6 km all’interno di uno scenario unico, dove l’opera dei viticoltori ha contribuito a creare un paesaggio dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 2019.

L’escursione sarà ad anello e avrà come contesto parte della seconda tappa del nuovo Cammino delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, in particolare il tratto da Col San Martino al Monte Moncader , tra splendidi panorami, leggende e tradizioni.​ Si partirà dal centro storico di Col San Martino, una frazione del comune di Farra di Soligo, in provincia di Treviso, per raggiungere, salendo tra le vigne, la Chiesina di San Vigilio che, edificata nel X secolo, fu utilizzata come vedetta e punto di osservazione durante la Grande Guerra.
 
Si proseguirà su sterrate, che offrono alla vista gli splendidi panorami sulle colline circostanti, verso le Torri di Credazzo, importante complesso fortificato medievale risalente al IX-X secolo. Si raggiungeranno le pendici del monte Moncader, dove la pendenza si farà più sostenuta in vista di Campo Farel.
Per poi scendere tra le vigne in direzione di Borgo Canal Vecchio e dirigersi verso la Chiesa ottagonale di San Martino . Il luogo è stato sempre meta di pellegrinaggio: un tempo, infatti, i futuri genitori andavano qui a “cavar” il nome del nascituro, affinché potesse crescere sano e forte, perché la mortalità era frequente. 

Una tradizione che ancora oggi continua: le coppie desiderose di avere figli possono chiedere un'intercessione al Santo, impegnandosi a chiamare il figlio con il nome pescato da un'urna conservata all'interno dell'edificio. L’escursione continuerà superando il ponte sul torrente Raboso, per poi tornare in centro a Col San Martino per completare l’anello. Monselice meta giubilare e tappa sui grandi Cammini d’Europa – domenica 14 aprile

La seconda giornata è per chi ha voglia di intraprendere una visita guidata in una città come Monselice che il poeta Gian Antonio Cibotto definì “la passeggiata più bella del Veneto” . Inserita nel suggestivo contesto paesaggistico dei Colle Euganei, a Monselice convergono alcuni dei più importanti cammini che attraversano l’Europa : dalla Romea Strata alla Via Romea Germanica, dal Cammino di Sant’Antonio alla Via Illirica-Altinate del Cammino di Santiago.

La visita alla città e al suo territorio sorprende con le sue evidenze, che vanno dai reperti preromani alle necropoli longobarde, dalle fortificazioni  , all’imponente Castello, dalle ville rinascimentali fino allo splendido e caratteristico Santuario Giubilare delle Sette Chiese : un percorso lungo sei cappelle seicentesche edificate a imitazione delle basiliche romane del percorso sacro che giungono fino all ’Oratorio di San Giorgio.

Si farà una passeggiata di 4 km toccando i luoghi più iconici della città in un percorso che inizierà dalla Torre Civica di Piazza Mazzini per poi proseguire e scoprire la bellezza degli affreschi di Benedetto Caliari, allievo e fratello di Paolo Veronese, a Villa Pisani. Ci sarà tempo anche per ammirare anche nel Complesso del Museo San Paolo il più antico affresco raffigurante San Francesco d’Assisi in Veneto . Si continuerà poi con il Castello di Monselice, Villa Nani Mocenigo, la Pieve di Santa Giustina, la Rotonda del Belvedere, il Santuario Giubilare delle Sette Chiese e l’Oratorio di San Giorgio dove verrà consegnato, a chi lo desidera, l’ Attestato del Pellegrino . 

Ma le attrazioni della città sono infinite e si continuerà a scoprirle, a passo lento, fino al Santuario di San Giacomo , quindi attraversando il ponte dei pellegrini, poi l’argine del Canale raggiungendo Villa Contarini per un splendida visione d’insieme sulla Città dei Cammini si raggiungerà il Ponte della Pescheria che chiuderà la mattina.

Si ricorda che “Scopri l’italia che non Sapevi” è una strategia di promozione comune delle Regioni Italiane frutto di un accordo di programma tra il Ministero del Turismo e la Commissione Politiche per il Turismo – coordinata dalla Regione Abruzzo - della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in collaborazione con ENIT. Un progetto che vede il coinvolgimento in qualità di capofila delle Regioni Emilia-Romagna, Umbria, Marche e Abruzzo, ognuna per la valorizzazione di una tematica specifica (borghi, turismo lento, turismo attivo, natura e parchi) con quest’ultimo anche responsabile degli aspetti legati all’interoperabilità con il Tourism Digital Hub.

A queste si sono unite le Regioni partner ai quali sono stati affidati alcuni tematismi verticali. Regione Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Campania si occupano così rispettivamente di enogastronomia , golf e percorsi e itinerari di turismo archeologico subacqueo , il tutto per enfatizzare ulteriormente il progetto e così anche il prodotto Italia.
Cultura, Treviso, Conegliano

Al “V” Cena d’autore con Alberto Raffaelli

VALDOBBIADENE (TV) - Una serata tutta dedicata al genere letterario Giallo e Noir , con incursioni nel mondo della scuola... e declinazioni sulla buona cucina. Alberto Raffaelli è il prossimo protagonista della rassegna “Con la Cultura (non) si mangia”, organizzata dal “V” di Valdobbiadene, l’ormai celeberrimo ristorante, adiacente all’Hotel Diana, che fa degli incontri culturali e della musica jazz, la sua cifra identificativa.

L’appuntamento è per martedì 19 marzo 2024, a partire dalle ore 20:00. Una Cena d’Autore che si preannuncia ricca di aneddoti e di curiosità. Alberto Raffaelli è infatti molto conosciuto e apprezzato, non solo come scrittore, ma anche per aver dato avvio e diretto fino a un paio di anni fa l’Istituto di Ristorazione Dieffe di Valdobbiadene, nonché per aver ideato il Festival  nazionale dell’Innovazione scolastica :“Sono felice di poter tornare a Valdobbiadene – spiega Raffaelli – per presentare la riedizione del mio romanzo d’esordio, che voleva essere, e rappresenta tuttora, un atto d’amore verso queste terre e i suoi abitanti. La sua ristampa riserva delle sorprese che rivelerò solo ai miei commensali (ride)”.

La trilogia - L’Osteria senz’oste, Il maestro vetraio e Delitto al Caffè Pedrocchi – vede protagonista il viceispettore Zanca, uomo schietto e intelligente, dotato di straordinaria sensibilità. La conversazione, condotta dalla giornalista Adriana Rasera, si intersecherà con gustosi piatti, e vini, a tema. L’ingresso è libero.

Si consiglia la prenotazione. Info: 349 0079322
www.welcometothev.com
Venezia, Veneto

Regata delle 50 Caorline per la Pace a Venezia

VENEZIA - “In questo delicato momento internazionale con oltre cinquanta conflitti in corso nel mondo, dalle tensioni in Medio Oriente a quelle in Russia ed Ucraina, con il coinvolgimento anche di tante famiglie e bambini innocenti di tutte le nazioni, che non sanno quale sarà il proprio futuro, dal capoluogo del Veneto vogliamo lanciare un messaggio forte di pace. Vogliamo farlo attraverso lo sport, perché simbolo che incarna i valori del rispetto delle persone, emblema di inclusione e solidarietà – spiega il Presidente della Regione Luca Zaia -. Per questi e tanti altri motivi ci uniamo alla risoluzione già avanzata dall’Onu per chiedere la cessazione delle ostilità durante le due settimane dei Giochi di Parigi, ma che successivamente interesserà i Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026”.

“Lo sport come strumento di formazione ed elevazione della persona e di solidarietà tra gli uomini e i popoli. Valori che ho sempre sostenuto e che, come Amministrazione, vogliamo continuare a promuovere – prosegue il Sindaco Luigi Brugnaro – L'integrazione da secoli è una delle grandi anime di Venezia: una città che non ha mura ma, nonostante questo, ha saputo imporre dei confini. I confini imposti dalle sue regole, dalle sue leggi, dalle sue tradizioni. Elementi forti della nostra comunità che hanno permesso alla città di essere aperta alle diverse culture e alle diverse usanze. Una città dove la convivenza ha sempre trovato il suo massimo sostegno nel rispetto degli uni sugli altri. Sarà un’anteprima della visita di Papa Francesco il prossimo 28 aprile, una visita, preziosa e lungimirante, che rafforzerà proprio i valori di Pace, Libertà, Democrazia e Diplomazia della nostra Città e della nostra comunità, vocata storicamente all’accoglienza e al dialogo tra popoli di cultura, lingua e religione differenti”.

Venezia, città per la pace, nel pieno spirito olimpico. Per esprimere con forza questa richiesta, tra il Canale della Giudecca, con arrivo in Punta della Dogana, il prossimo 7 aprile, si svolgerà la Regata delle 50 caorline, ribattezzata per l’occasione la Regata delle “50 Caorline per la Pace”, grazie all’impegno del Comune di Venezia e della Regione Veneto, in collaborazione con la Fondazione Milano Cortina 2026 e con la supervisione del CIO.

La data scelta è legata alla Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace, che cade il giorno precedente, il 6 aprile. Il percorso di regata, unica nel suo genere per il numero inusuale di imbarcazioni dello stesso tipo contemporaneamente in competizione tra loro, si snoderà lungo un percorso che partendo dall’area di San Basilio (nei pressi della Stazione Marittima), e passando per il Canale della Giudecca con giro del “paletto” davanti a piazza San Marco e traguardando Punta della Dogana, giungerà al sagrato della Basilica della Madonna della Salute.

La Risoluzione di Tregua Olimpica per i Giochi Olimpici e Paralimpici invernali italiani sarà discussa dall’Assemblea Generale delle Nazionali Unite nel 2025, e consiste in un periodo di pausa nei conflitti tra persone, stati, organizzazioni per poter garantire uno svolgimento dei Giochi Olimpici che porti avanti i valori di uguaglianza, solidarietà, unione e pace. Attualmente è stata recentemente approvata la risoluzione che indice la “Tregua Olimpica” in vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi 2024 che si svolgeranno rispettivamente dal 26 luglio all’11 agosto e dal 28 agosto all’8 settembre.

Alla regata è prevista la partecipazione dei vertici di Fondazione Milano Cortina 2026 oltre a testimonial di carattere internazionale del mondo dello sport e dei diritti umani e di numerose associazioni ed enti impegnati nel mondo del sociale, della cooperazione e della ricerca in tema di diritti umani.

Mondo

La nave "Vespucci" è giunta a Buenos Aires

La nave Amerigo Vespucci è giunta a Buenos Aires, dove si fermerà fino al 21 per poi proseguire il tour mondiale, che si concluderà nel 2025. A terra sarà allestito "Villaggio Italia" che insieme alla nave, sarà aperto al pubblico, offrendo un'occasione unica per conoscere le eccellenze del Made in Italy e vivere un'immersione nella cultura italiana.

" Il progetto nasce proprio dalla volontà di coniugare la tradizionale attività formativa degli Allievi Ufficiali della nostra Marina Militare con il suo ruolo di Ambasciatore. Dopo 72 anni il Vespucci torna a Buenos Aires per il suo Tour Mondiale all’insegna della tradizione marinare e del Made in Italy, ma anche di una forte dimensione culturale italiana che negli anni ha contribuito alla crescita e al prestigio del nostro Paese.", ha sottolineato il Sottosegretario di Stato alla Difesa On. Matteo Perego di Cremnago, in rappresentanza del Ministro della Difesa Guido Crosetto.

A dare il benvenuto all’equipaggio del Vespucci le Autorità civili e militari Argentine e l’Ambasciatore d’Italia a Buenos Aires Lorenzo Lucentini. A sottolineare la speciale occasione rappresentata dalla tappa argentina del Tour mondiale del Vespucci è stata la partecipazione del Ministro del Turismo italiano Daniela Santanchè che nel suo indirizzo di saluto agli ospiti ha sottolineato “Il Vespucci, simbolo del ‘Made in Italy’ che attraversa mari e oceani ed elemento propulsivo per l’economia e la cultura italiane, rappresenta un’opportunità unica tanto per promuovere e rafforzare il brand ‘Italia’ all’estero, quanto per creare le condizioni di future collaborazioni internazionali anche in ambito turistico. L’arrivo del veliero in Argentina – Nazione in cui risiede una delle più numerose comunità italiane – avviene nell’anno del turismo delle radici italiane nel mondo, il che rende l’evento ancora più significativo, perché potrà fornire un contributo importante sia nel consolidamento della grande amicizia tra Italia e Argentina, sia nell’incremento dei flussi turistici tra le due Nazioni.”

Nella serata è stato organizzato per il pubblico argentino un Talk Show, diretto dalla giornalista e conduttrice televisiva Claudia Conte, al quale hanno partecipato le Autorità italiane presenti per l’occasione e dove sono state illustrate le ragioni del progetto internazionale del Tour mondiale di Nave Vespucci, fortemente voluto dal Ministro della Difesa Guido Crosetto. Illustrate anche le future tappe del tour che ospiteranno il Villaggio Italia, Los Angeles, Tokyo, Darwin, Singapore, Mumbai, Abu Dhabi, Doha e Jeddah.

Il "Villaggio Italia" ospiterà diverse eccellenze italiane, offrendo al pubblico la possibilità di conoscere e apprezzare prodotti e servizi di vari settori. L'obiettivo è quello di rafforzare i legami commerciali e culturali tra Italia e Argentina. Durante la sua sosta a Buenos Aires è previsto un ricco programma di eventi: concerti, mostre, conferenze e proiezioni cinematografiche che permetteranno di approfondire la cultura italiana e il profondo legame con l'Argentina.

“Difesa Servizi sostiene e crede fortemente nel tour mondiale dell’Amerigo Vespucci, in particolare nella realizzazione del villaggio Italia e nello sviluppo della promozione del made in italy. Un Expo itinerante, una "bolla di italianità", di cui la nave più bella del mondo si fa interprete e ambasciatore; un’idea anch'essa tutta italiana, un’iniziativa unica a livello internazionale, che va nella direzione di intercettare ed esaltare la voglia di Italia che c'è a livello globale” – così ha tenuto a precisare l’amministratore delegato di Difesa Servizi S.p.A., Dott. Luca Andreoli.

Il Tour mondiale del Vespucci è una iniziativa realizzata in collaborazione con Difesa Servizi SpA, la partecipata del Ministero della Difesa, che supporta tutte le fasi della campagna e vede il coinvolgimento attivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri – con il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del Mare e il Ministro per lo Sport e i Giovani – il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministero del Turismo, il Ministero della Cultura, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Il Tour mondiale di Nave Vespucci toccherà i cinque continenti e approderà in circa 30 porti. Durante il viaggio, la tradizionale attività formativa degli allievi Ufficiali sarà coniugata con la promozione delle eccellenze italiane nel mondo.

Cultura, Friuli V.G.

A Codroipo la mostra fotografica sul Perù di Cristina Achucarro

CODROIPO - Si è svolta venerdì 15 marzo, l’inaugurazione della mostra fotografica 'Il Canto della Terra' della fotoreporter Cristina Achucarro presso il Museo delle Carrozze di San Martino di Codroipo
 
Una collezione di scatti fotografici tratti dai viaggi dell'artista insieme alle sue haiku ovvero emozioni e stati d'animo dell' artista.
Le foto del viaggio in Perù con i suoi paesaggi, luoghi, e le persone ci fanno apprezzare altre culture e le diversità.
La raccolta di fotografie è un dialogo che si intreccia fra parole ed immagini, tra felicità e nostalgia della terra dell'America Latina.

L’intervista a Cristina è stata curata da Alessandro Biz, giornalista e presidente dell'Associazione 'Il Piave'.
E’ intervenuto il prof. Angelo Floramo, scrittore.
Sono intervenuti la dott.ssa Silvia Polo Assessore alla Cultura del Comune di Codroipo, che ha portato i saluti ai presenti, e la dott.ssa Donatella Guarneri, curatore del Museo Civico delle Carrozze.
 
L'evento è stato patrocinato dal Comune di Codroipo con il supporto del Club per Unesco di Udine dott.ssa Renata Capria D'Aronco e dei 'Musei Civici' di Codroipo. Il libro "Il canto della terra" è patrocinato dall'Ambasciata del Perù in Italia.
Ad intrattenere il pubblico, l’intermezzo musicale con Peter Diaz e Casar Garcia che hanno suonato musica di folklore della musica Andina Peruviana, con Charango, Quena, chitarra, Bombo legüero.

La mostra rimarrà attiva fino al 31 maggio 2024, dal mercoledì al venerdì dalle 09:00 alle 15:00, domenica dalle 10:00 alle 18:00.

Foto Graziano Giovanatto
Il canto della terra Immagini di un viaggio in Perù
un libro di Cristina Achucarro
info@cristinaachucarro.com

fonte: Fb "Corte degli artisti"
Mondo, Italia

In ricordo di Re Umberto II, nel 41° anniversario delle morte

In questo periodo mi capita spesso di pensare a quelle persone che avrei voluto conoscere nella mia vita e che per vari motivi non ho potuto farlo. Un mio sogno era quello di poter andare a Cascais a trovare Re Umberto II, Re d’Italia Questo mio desiderio rimase sempre nel cassetto come quegli amori impossibili che non si possono realizzare perché, non avevo i mezzi per andare a trovarlo, il denaro non mi scorreva tra le mani con molta facilità. 

La figura del Re Umberto II mi era entrata nel cuore nel momento in cui venni a sapere a scuola cosa fosse l’esilio. Quante volte mi ero rivolto alla maestra delle elementari che si spiegasse cosa fosse questo termine che non apparteneva al vocabolario di un giovane di 10 anni. Questa parola mi faceva soffrire solo a pronunciarla, era una parola intrisa d’ingiustizia. La mia maestra aveva capito una cosa molto importante, cioè che ero una persona che non tollerava nessun torto. La maestra mi aveva spiegato che il Re Umberto II aveva scelto di andare in esilio per rinunciare ad una guerra civile che ci sarebbe di sicuro stata. 

Il Re che aveva un cuore generoso non aveva permesso che questo si verificasse. L’insegnante era rimasta colpita dal susseguirsi di domande che gli avevo rivolto, e mi aveva donato un vecchio libro che parlava della monarchia e che mostrava il Re d’Italia in una foto assieme alla sua famiglia. Rimasi colpito nel vedere il volto sorridente del Re e della diletta moglie assieme ai figli; la foto li ritraeva vicino alla loro abitazione. Per quella famiglia così bella non c’era più posto in Italia. La maestra, che a mio giudizio aveva una certa simpatia per Casa Savoia, mi aveva fatto ritagliare quella foto perché la mettessi nel mio quaderno di storia. Avevo frequentato la quinta elementare a Villanova di Motta dove la mia famiglia possedeva una vecchia osteria e un negozio di alimentari. Allora la vita era molto diversa da quella di adesso. 

Il mondo sembrava più normale e si viveva cullati dalle piccole cose, che per me erano rappresentate anche dai libri di storia. Sono stato anche elogiato davanti ai miei compagni di classe per la mia passione per la storia. L’insegnante mi consigliò di fare una vera e propria ricerca su Casa Savoia, prendendo come fonte coloro che avevano avuto modo di conoscere qualche rappresentante di questa dinastia. Allora decisi di rivolgere delle domande ad uno zio, che era fratello di mio nonno, e che viveva con noi. Il suo nome era Gaetano e aveva combattuto durante la Grande Guerra. Era un bersagliere, ed era stato nello stesso battaglione di Mussolini, Nella sua stanza aveva una foto con il cappello con le piume di cui andava fiero. Nella stessa foto c’era sua moglie Rosa che lo aveva lasciato molti anni prima. Quella foto la posseggo ancora adesso. Il vecchio Gaetano disse che in guerra aveva avuto modo di vedere in più occasioni il Re Vittorio Emanuele III, e il figlio, l’allora principe Umberto che ispezionavano le trincee, intrattenendosi a parlare con i soldati. Non avevano timore di mostrarsi in prima linea, pur di confortare e sollevare l’umore dei fanti.Lo stesso giorno mi mostrò una medaglia che si era guadagnato in guerra per un’azione pericolosa che gli era stata affidata. 

Lo zio Gaetano aveva sofferto per la morte in esilio del Re soldato e di sua moglie, la Regina Elena, una donna che aveva aiutato i poveri,e che si era sempre prodigata per gli ultimi. Il vecchio zio, all’epoca dei suoi racconti, aveva quasi novant’ anni. Passava le sue giornate a fumare il sigaro e a guardare la televisione. Di Re Umberto II disse che era stato una persona saggia , che aveva un cuore d’oro e, sicuramente, sarebbe stato un buon Re. Il vecchio Gaetano aveva pure amato la figura di Giovannino Guareschi che aveva scritto dei libri e che si era sempre dichiarato fedele verso la monarchia, denunciando i brogli che vi erano stati durante il referendum. Mi parlò di un film dove una vecchia maestra rimproverava il sindaco del paese e i rossi di aver mandato via il Re e la sua famiglia in un’ isola. Quella vecchia maestra che morendo aveva chiesto che sulla sua bara fosse posta la bandiera del Re. Quel film lo aveva molto commosso, a tal punto, che una lacrima gli era scesa dal volto. 

Avevo trascritto in un quaderno tutte le risposte avute dallo zio, come pure vi avevo incollato delle foto inerenti ai reali di Casa Savoia, trovate in un vecchio libro donatomi dal parroco del paese. La maestra rimase molto soddisfatta della mia ricerca e mi premiò con un voto altissimo. Da grande sognavo di scrivere anch’io un libro che potesse dare luce sull’operato di Casa Savoia, caduta nell’oblio. Dopo la licenza elementare mi portai dietro quel quaderno e continuai ad incollare quei pochi articoli sui Savoia che trovavo nei giornali che venivano recapitati a casa mia. La fedeltà a Casa Savoia durerà per tutta la vita. Quante volte avrei voluto mettermi su un treno e raggiungere Re Umberto II, a Cascais. Mi sarei presentato davanti alla sua Villa Italia chiedendogli di stringergli la mano, e di poter avere da lui una foto con dedica, o magari un libro. Questo sogno lo cullai per sempre. Quello che realizzai in questi anni fu una fedeltà assoluta al suo ricordo. Quando morì non ebbi nessun dubbio. Dovevo andare ai sui funerali, e ci riuscii, anche se con molte traversie. Raggiunsi la Francia con la morte nel cuore, e da quel momento non lo dimenticai mai. 

Ogni anno e per quarantun anni ho scritto un ricordo per l’anniversario della sua morte che ho pubblicato nei giornali amici, quelli che ti hanno dato spazio, esprimendo la mia fedeltà e devozione al Sovrano. Quest’anno ho scritto questo articolo. Il 18 marzo del 1983 moriva il Re d’Italia S.M. Umberto II, in terra d’esilio, all’ospedale di Ginevra. Ero tra coloro che presenziarono ai suoi funerali, in una giornata in cui il cielo aveva deciso di piangere come quelle migliaia di italiani che avevano sfidato ogni difficoltà pur di esserci. Il sovrano che era morto dopo una lunga malattia era considerato un grande uomo, una persona che aveva come priorità assoluta il bene del suo Paese. Durante la lunga malattia che lo aveva colpito, e che faceva presagire nessuna possibilità di guarigione, aveva chiesto di poter far ritorno alla sua amata patria che gli aveva dato i natali il 15 settembre 1904. Questa richiesta rimase inevasa, la repubblica non ebbe nessun rispetto per il Re, per una persona che era stata 37 anni in esilio: una condanna che nessuna ragione politica poteva giustificare. Il giorno delle esequie, in terra straniera, si distribuì un volantino che conservo nel mio studio vicino alla foto del Re Umberto II. 

Questo foglio scritto da quel galantuomo di Sergio Boschiero, allora segretario dell’U.M.I. diceva : “ Il Re è morto : Viva il Re! S.M. il Re Umberto II è morto. Voleva rivedere l’Italia ma anche la morte ha stroncato il più grande desiderio della Sua vita. E’ morto da italiano e da Re come da italiano e da Re era vissuto. Ha sempre e solo parlato di fratellanza, di giustizia, di pace: per questo è stato condannato all’esilio”. Quelle parole riassumevano la vita di un uomo che aveva provato tutto, sopportato tutto, provato nel male, ma non si era mai arreso. Quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo non possono che tesserne le lodi, e quelli che hanno letto la sua biografia non possono che apprezzare il suo modo di agire e l’amore che aveva per la sua terra. In esilio visse in Portogallo, a Cascais, allora un piccolo paese di pescatori dove tutti lo stimavano e lo conoscevano. Era sua abitudine intrattenersi con quelli che lo cercavano, con coloro che bussavano alla sua porta e gli chiedevano aiuto. Alla domenica si recava alla messa nella piccola chiesetta del paese, e all’uscita molti poveri lo circondavano e gli chiedevano aiuto, e per tutti aveva qualcosa da dare. La sua generosità era risaputa da molti e a quella messa si davano convegno quelli che il destino non aveva reso felici. La sua fama tra quelle genti non conoscerà mai tramonto. Quello che si fa con il cuore rimane. Sono trascorsi 41 anni dalla sua morte e non si è fatto nulla di concreto per farlo riposare in Italia, al Pantheon, assieme a sua moglie, la regina Maria José nonostante sia stato un Re mandato in esilio per evitare una guerra civile e abbia fatto parte di una dinastia che ha scritto mille anni di storia italiana. Il nostro Paese sembra aver scordato la sua storia, e le sue radici. Anche quest’anno molti italiani andranno in Francia a rendergli omaggio, con una tristezza maggiore, perché lo scorso anno a quella commemorazione vi stava anche il figlio S.A.R. Vittorio Emanuele IV, che il buon Dio ha chiamato a sé. Dopo i funerali del Re Umberto II, nel suo scrittoio di Cascais, trovarono due citazioni che aveva scritto di proprio pugno. La prima faceva riferimento alla Lettera di San Paolo ai Corinzi:”

«Poco importa a me d’essere giudicato da voi, da un tribunale umano; anzi, non mi giudico neppure da me stesso. Infatti non ho coscienza di alcuna colpa; non per questo però sono giustificato; mio giudice è il Signore». La seconda riportava le parole di Pietro I, Vladica del Montenegro: «lo mi avanzo pieno di speranza alle soglie del / Tuo Divino Santuario / la cui fulgida luce ravvisai sul sentiero misurato / dai miei passi mortali. / Alla Tua chiamata io vengo tranquillo …»  

Emilio Del Bel Belluz
Cultura

Yacoub "Racconti di un migrante ignoto”. Un medico migrante quasi italiano

Il libro di Ashraf Yacoub: “Racconti di un migrante ignoto” (Danilo Zanetti Editore, 2024) è una serie di racconti dove realtà e fantasia si mescolano, per consentire all’autore di narrare la propria esperienza di medico, di migrante e di uomo; descrivere il Paese di origine, l’Egitto.
 
Yacoub è un medico egiziano vive e lavora da molti anni in Italia, il nostro Paese potrebbe essere la sua Patria: “la tua patria è il posto da cui non hai più voglia di scappare” (Naguib Mahpuz, Scrittore egiziano Premio Nobel per la letteratura). La patria nel senso di Heimat termine tedesco che indica il focolare domestico, il luogo dove decidi di vivere pur provenendo da un Paese diverso. L’Italia è l’Heimat dell’autore? Solo lui potrà dirlo.
 
Per l’autore l’immigrato è una risorsa per il Paese di accoglienza e un’opportunità di crescita per chi emigra. Questo è vero, quando i migranti lavorano e rispettano le leggi e le tradizioni del Paese di accoglienza (integrazione) e i loro figli nati o cresciuti in Italia si sentono italiani (assimilazione). Diversamente, gli immigrati diventano una minaccia per il Paese di accoglienza e un costo a carico del servizio pubblico nazionale: sanità, istruzione, edilizia popolare, ecc. 

Un costo e una minaccia che nessun Paese ha il dovere di accogliere; ma il diritto di respingere quando è in gioco la sicurezza e il benessere nazionale. L’Egitto si rifiuta di accogliere le migliaia di palestinesi in fuga da Gaza, perché tra questi non ci sono solo donne e bambini; ma anche i combattenti di Hamas, organizzazione terroristica che il governo egiziano ha bandito. Se l’Egitto accoglierà i palestinesi in fuga da Gaza, farà la fine della Giordania e del Libano; che accogliendo i palestinesi dell’OLP si portarono la guerra in casa, accogliendo ospiti che poi si comportarono da padroni. Infine, l’Egitto non è nelle condizioni di assicurare un futuro dignitoso a oltre un milione di profughi, non lo assicura nemmeno ai propri cittadini che spesso sono costretti a emigrare.
 
In Europa i Paesi di più antica immigrazione, come Francia, Gran Bretagna, Svezia, Olanda e Danimarca scontano il passato coloniale e una suicida politica di accoglienza; con il proliferare di ghetti come il quartiere Molenbeek di Bruxelles covo degli jihadisti autori di attentati nella capitale belga e in quella francese; oppure il quartiere di Malmo in Svezia, o il distretto di Kolenkit di Amsterdam, al quale si aggiungono i mini-califfati sorti nelle “banlieue” francesi e nel Londonistan di Londra. Il nostro Paese è già avviato in questa direzione, grazie alla presenza di migliaia di stranieri dediti all’accattonaggio e al crimine; oppure, vittime di sfruttamento come la prostituzione e il caporalato.

L’esperienza di Yacoub è diversa da quella della maggioranza dei migranti che a frotte entrano illegalmente nel nostro Paese. L’autore è arrivato in Italia con un contratto di lavoro, parlava italiano e aveva già lavorato per il nostro Paese (l’Ospedale italiano del Cairo); inoltre, ad attenderlo c’era la fidanzata. L’esperienza dell’autore non è comune alla maggioranza dei migranti e quindi non è indicativa per descrivere il fenomeno dell’immigrazione; ma piuttosto per testimoniare l’esperienza di un uomo che ha avuto il merito e la fortuna di avere successo in un Paese straniero.
 
L’opera di Yacoub dai forti toni emotivi, descrive le “allucinazioni sensitive”, i suoni, gli odori e le atmosfere che ogni migrante porta con sé quando emigra: “Quando chiudevo gli occhi su un treno o un autobus, vedevo le strade del Cairo. Sentivo l’odore della taqliya e l’asprezza della molokhia, poi il profumo dei peperoni fritti mentre stavo salendo le scale del mio condominio a Milano. Sentivo la voce di Shadia o la voce di Najar mentre quella che cantava era Mina e cantava in italiano.” Analoghe sensazioni le prova chi rientra in Patria dopo aver viaggiato in un Paese straniero, non con il fine di visitarlo ma di viverlo e di conoscerlo, come ho potuto sperimentare nei miei viaggi in Brasile.

L’autore giudica la natura umana immutabile nello spazio e nel tempo: l’ingratitudine di Angela tanto meschina quanto incomprensibile; la perfidia della cleptomane Saniya; il dramma di Mohamed che affoga il rimorso nell’alcol; Giovanni, l’avido imprenditore del racconto “La Fabbrichetta” che costruisce la propria fortuna sfruttando i dipendenti; Mahmoud Bey il venditore di pelli, spregevole individuo dall’aspetto ripugnante; l’arrogante e stupido capitano Ashraf che il soldato Mahmoud farà cornuto.
 
Uguale è la natura umana nello spazio e nel tempo; ma diverse sono le fedi religiose, le norme e le abitudini dei popoli e dei ceti sociali, questo genera conflitti e pregiudizi: “L’amore per la pulizia, la bellezza e l’ordine, esiste nel cuore di tutte le persone, ma il livello di sentimento varia secondo le culture e dei livelli sociali”. E continua: “gli italiani sono molto interessati alla pulizia e alla bellezza e non si preoccupano nella stessa maniera dell’ordine. Mentre i popoli dell’Europa settentrionale si preoccupano della praticità delle cose e non della loro bellezza, adorano l’ordine, ma il livello di pulizia non è elevato se non negli ambiti della salute”.
 
L’autore racconta la propria vita: le vittorie e le sconfitte, le gioie e i dolori, le paure come quella di parlare in pubblico; la morte della madre, una vicenda dai contorni oscuri, la diffidenza e l’ostilità che l’autore ha percepito a causa della fede mussulmana. Una diffidenza che l’autore definisce impropriamente razzismo; in realtà si tratta di xenofobia, il timore verso lo straniero quando a torto o a ragione è percepito come una minaccia. Oggi l’Islam spaventa il mondo a causa della deriva estremista dei suoi fedeli; a pagarne le spese sono purtroppo tutti i mussulmani, anche quelli moderati. Non sola xenofobia ma anche l’ignoranza di chi confonde la cultura con la democrazia. Per gli occidentali tra i due termini esiste una relazione di causa-effetto e questo genera malintesi: “Gli arabi non hanno cultura”. Non è vero, Paesi come l’Egitto, l’Iran e la Cina hanno una cultura millenaria che non contempla la democrazia; la maggioranza della popolazione mondiale vive in Paesi governati da regimi autoritari. La democrazia è un aspetto tipico della cultura occidentale, che Stati Uniti ed Europa spesso usano per condizionare la politica dei Paesi dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa Orientale e dell’America Latina. L’ipocrisia dell’Occidente.
 
L’autore con rara schiettezza denuncia i lati oscuri della cooperazione internazionale: il malaffare e la difficoltà di vivere in un Paese violento ed estraneo alla propria educazione. Il ritratto della Somalia descritta da Yacoub è di un Paese “incivile” dove la tradizione impedisce di eseguire il taglio cesareo anche per salvare la vita della madre o del bambino; dove è diffusa l’infibulazione (la mutilazione dei genitali femminili); dove la violenza non risparmia nemmeno chi si adopera per migliorare la condizione della popolazione locale, come Graziella Fumagalli la chirurga italiana stuprata e uccisa da una banda di somali (Merca 1995). Noi occidentali non abbiamo il diritto di imporre agli africani il cosiddetto “sviluppo” e nemmeno le nostre regole; ma nemmeno il dovere di accogliere chi non le rispetta, o lavorare in Paesi dove la cooperazione è impossibile, per la violenza o per la corruzione dei governi locali. 

L’autore rientra in Italia con una visione negativa delle organizzazioni di volontariato: “Temo che il loro scopo sia di raccogliere denaro da persone che vogliono par del bene, che vanno nelle tasche di un numero limitato di dirigenti e di organizzatori, mentre le briciole vanno a chi è veramente bisognoso. Temo che la verità sia che queste organizzazioni vivano sul collo dei volontari delle vittime, dei profughi e della povera gente.”.
 
Yacoub nei racconti descrive l’Egitto. Il dispotico regime militare che controlla la politica e l’economia egiziana; ma è l’unico baluardo alla deriva islamista del Paese. Il tesoro dimenticato del Monte di Marmo, che trasforma dei turisti italiani in improvvisati Indiana Jones. Lo spazio infinito del deserto è rappresentato dal quartiere di Abbassia nella città del Cairo, dove l’autore è nato e ha vissuto prima di trasferirsi in Italia. Un quartiere grande come una città, dove puoi, trascorre tutta la tua vita senza uscirne, completando l’intero ciclo di studi e trovando un lavoro ben retribuito.
 
Il soprannaturale è una presenza costante nei racconti di Yacoub: lo spirito malvagio della zingara che, come un brivido gelido, attraversa il corpo dell’autore in una notte afosa di luglio; la voce di Dio che spinge F. l’amico italiano tra i monti della Bosnia dove scoprirà la fede. L’aspetto mistico dei Balcani l’ho conosciuto quando viaggiando nell’ex Jugoslavia, mi sono spinto fino al monastero sufi di Blagaj in Bosnia o al monastero ortodosso di Ostrog in Montenegro. La fede in Dio aiuta l’autore a superare i momenti più difficili della vita; Dio ha concesso a Yacoub il dono della fede. Perché non lo concede tutti, rimane un mistero.
 
All’autore gli spazi di Abbassia e del Cairo stavano stretti e quindi decide di emigrare. Un esodo che fara vivere all’autore una nuova infanzia, la gioia del bambino quando scopre il mondo sconosciuto che lo circonda; o quella del migrante che all’estero realizza i sogni in patria negati.
 
Il racconto “L’ospedale occhio e malocchio” è una satira sulla privatizzazione della sanità. Un servizio nato con lo scopo, di assicurare a tutti i cittadini, un efficiente servizio di prevenzione e di cura si trasforma in un giro di affari che ha come unico fine il profitto.
 
Perdonatemi la presunzione, voglio riassumere in una frase quello che potrebbe essere l’epilogo dell’esperienza del migrante Yacoub: “Amò l’Italia più di un italiano ma morì egiziano”. Chi emigra non può dimenticare le proprie origini, perché non siamo solo ciò che decidiamo di essere; ma anche il prodotto delle nostre esperienze, spesso accidentali come quella del Paese o della famiglia di nascita che condizioneranno la nostra vita. Non possiamo sfuggire al nostro destino, dobbiamo accettarlo nell’attesa di comprenderlo. Il destino che ha portato Yacoub in Italia è lo stesso che gli ha impedito di muovere i piedi e di correre incontro alla fidanzata Mona, per riallacciare una relazione interrotta. Scrivo questa recensione pensando che il destino mi ha fatto incontrare Yacoub, come altre persone che ho conosciuto e che conoscerò nella mia vita: “Al collo di ogni uomo abbiamo attaccato il suo destino e nel Giorno della Resurrezione gli mostreremo uno scritto che vedrà dispiegato” (Il Corano, Sura XVII - 13).

Giorgio Da Gai
Politica, Veneto

In Veneto oggi la commissione parlamentare sulle regioni

VENEZIA - “Un’altra tappa importante verso un traguardo di rinnovamento per il Paese, particolarmente atteso dal Veneto, che con il referendum del 2017 ha votato a favore dell’attuazione dell’autonomia differenziata. Do il benvenuto nella nostra regione e auguro un proficuo lavoro alla Commissione bicamerale per le Questioni regionali, e al suo presidente, Francesco Silvestro, che da domani si riunirà a Venezia per un fitto calendario di audizioni con i rappresentanti delle istituzioni, i sindacati e le organizzazioni professionali.

Un momento di confronto sull’indagine conoscitiva sui Lep, tassello fondamentale per dare gambe a un progetto federale fondato sull’autonomia”.

Con queste parole il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia ha voluto rivolgere un augurio di buon lavoro alla Commissione parlamentare sulle Regioni, che sta svolgendo un'indagine su tutto il territorio nazionale per capire i livelli dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) nelle varie regioni italiane e che oggi, 18 marzo, si riunirà a Venezia.

“Come Regione Veneto possiamo mettere a disposizione un grande patrimonio di competenze, studi e processi rispetto alle materie da trasferire di competenza alle regioni per una condivisione efficace”, ha aggiunto il Governatore. Il tema dell’autonomia e l’attuazione di una riforma che non lasci indietro nessuno, ci sta particolarmente a cuore. Sentiamo la responsabilità e l’orgoglio di poter offrire un contributo con la collaborazione di tutti i livelli dello strato sociale del Veneto”.
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Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 17:57