Cultura

Ma che arcibellezza di piano!

di Norman Zoia

Ché al Capolinea mica si deve per forza scivolare nell’entropia. Vi si riparte invece, prima o poi. Ecco che allora l’ebano e l’avorio tornano a danzare in coppia seguendo il tocco delle dita con le quali Mario Rusca riaccarezza i tasti di un pianoforte che è stato l’anima del buon vecchio jazz; di quel jazz preso in braccio da Giorgio Vanni di fianco alle sponde brumose del naviglio grande, quando nel locale con uso di cucina e studio di registrazione ci potevi trovare a tavola o in jam session Gerry Mulligan e Tony Scott, Dizzie Gillespie e Lionel Hampton, Chet Baker e Lee Konitz… E naturalmente i nostri Mario Rusca, Tullio De Piscopo, Enzo Jannacci, Larry Nocella, Paolo Pellegatti, Lucio Terzano, Luigi Bonafede, Paolo Tomelleri, Graziano Tedeschi… L’elenco e sconfinato, insomma tutto il gotha dello swing, del free e della cultura mondiale (giusto per buttare là un nome, il Premio Nobel Dario Fo era di casa). Una curiosità: il pianoforte lustrato a nuovo ha fatto risentire il suo canto tra memorabilia musicali, muri scrostati e punching ball dismessi che diventano installazione; facendo rivivere un certo aspetto underground americano, ricollegato all’aria eroica degli anni milanesi non solo di piombo ma soprattutto di ottone. I tutto ricollocato in una palestra, la stessa dove Visconti ambientò le scene di boxe per Rocco e i suoi fratelli, capolavoro cui l’indimenticato batterista-locandiere ha per altro partecipato come comparsa. Due leggende che si intrecciano, il tempio del jazz e il film culto con Delon, Salvatori, la Cardinale e la Girardot, grazie alla lungimiranza della famiglia Vanni e del circolo Arci Bellezza.

(sopra, il piano ricollaudato da Mario Rusca e lo stesso Rusca insieme a Laura, Alessandra e Angelica che con mamma Maria hanno gestito quel gioiello nascosto, spartano e senza insegna, proprio come voleva papà)

Ultimo aggiornamento: 23/04/2024 19:37