Cultura

Il fascino concreto della nostalgia

di Norman Zoia

Camminare tra i versi di Serena D’Arbela è un po’ come posare per la prima volta il piede (altresì quello della creazione poetica) sulla faccia oscura della luna; ma nel contempo tornare a respirare preziosi frammenti di un passato tangibile che in qualche modo tutti ci accomuna. Parafrasando uno dei capolavori di Buñuel, si tratta di entrare tout court in quel tunnel dell’illusorio dove luccicanti spazio-attimi si inseguono in una ventura danza ai confini del proprio bagaglio temporale. Gemella d’arte l’autrice, con la sorella Valeria - valente e originale pittrice scomparsa agli albori del nuovo millennio - ha sempre condiviso quello spirito e quell’entusiasmo che per nessuna ragione devono mai tradire i meravigliosi quanto perigliosi sentieri dell’arte. La raccolta è trapunta di piccoli riquadri illustrati a cura di Marina Ferrante (che firma anche la prefazione) e di Sergio De Lazzari il quale ha inoltre realizzato la copertina. Un fascino che si fa davvero concreto là dove, come scriveva Sal Passarella, la disciplina di Erato ha bisogno di pascersi. Così succede in questo quattordicesimo volume della D’Arbela, il settimo strettamente lirico.

Ultimo aggiornamento: 25/04/2024 20:51