Treviso, Veneto, Turismo

La chiesa della Santissima Trinità a Cappella Maggiore, un successo per le visite guidate tra arte, storia e prodotti tipici.

di Monia Pin

CAPPELLA MAGGIORE-Saper coniugare l’arte e la storia alla genuinità dei nostri prodotti tipici non è difficile, soprattutto se un tesoro d’arte apre le porte per accogliere visitatori desiderosi conoscere attraverso le esaustive quanto coinvolgenti spiegazioni di una storica dell’arte, la dott.ssa Cristina Chiesura, gli eventi, le persone e le caratteristiche che rendono un luogo speciale.
Stiamo parlando della Chiesa della Santissima Trinità, detta della Mattarella dal nome del suo committente ritratto della parete di sinistra prima dell’abside, il cui nome capeggia sulla scritta sottostante insieme all’indicazione della data, 1503. La curiosità è l’accetta posta davanti a lui, probabile allusione al mestiere da lui praticato.

La visita che è stata introdotta dal saluto del Sindaco Mariarosa Barazza e dell’Assessore Valentina Ricesso, le quali non hanno mancato di esprimere la soddisfazione per la notevole partecipazione di persone provenienti da diversi paesi circostanti, si è protratta per circa un’ora trascorsa piacevolmente come fosse un viaggio affascinante guidato sapientemente attraverso i secoli che hanno fatto la storia di questo sito.

La chiesa non è affatto di origine longobarda (come riportato dai cartelli che molto probabilmente saranno sostituiti), il nucleo originale era una piccola cappella costruita nel 1200/1300 come testimoniato in un testamento del 1334, poi fu ampliata nel XIV-XV secolo. La sacrestia, come testimoniato da un’incisione posta esternamente, fu aggiunta alla chiesa nel 1640. Purtroppo il luogo di culto visse un periodo di abbandono fino al XX secolo, i primi restauri furono effettuati gli anni ’50 ma non in maniera ottimale e con l’utilizzo di materiali non consoni che purtroppo presto si degradarono. Il fatto che gli affreschi siano sopravvissuti fino ai giorni nostri è un vero miracolo. Nel 2002/2003 fu fatto un ulteriore restauro e nel 2007 fu fatta una ricognizione archeologica che permise di fare alcuni ritrovamenti (tra i quali una tomba), mentre il restauro vero e proprio avvenne nel 2015, operazione che mise non poco alla prova i restauratori visti i danni provocati dai precedenti interventi alle pitture.

All’interno si apre una visione che cattura subito lo sguardo e lo porta verso la scena della Crocifissione, un classico che però qui si arricchisce di particolari e figure, tutte ad opera del pittore dell’epoca Antonio Zago. Saltano agli occhi la figura della Maddalena abbracciata alla Croce, lo sguardo di Gesù Cristo rivolto verso il “buon ladrone”, la Vergine Maria posta sulla sinistra che sviene ed è sostenuta dalle donne accorse in suo aiuto, affrante anch’esse tanto che sul volto di una di esse sono visibili delle lacrime rigarle il volto. Sulla destra appare l’Apostolo prediletto Giovanni e più in là una scena alquanto insolita. Infatti è visibile Ponzio Pilato che si lava le mani con l’acqua versata da un’ancella ed in basso un paggio, mentre dietro è rappresentato Giuda Iscariota già morente (visibile una trave e la corda) con un corvo sul capo. Dietro la scena è stato dipinto un muro che si presume rappresenti quello di Gerusalemme in quanto Gesù fu crocifisso fuori dalle mura della città.

Ai lati sono stati dipinti gli Apostoli, in alto il visitatore può ammirare la rappresentazione degli Evangelisti, ognuno accompagnato dal proprio simbolo. Altre piccole curiosità trapelano dagli affreschi, per esempio gli occhiali presenti nella raffigurazione di San Marco e San Giuseppe che riposa mettendo le mani sotto il capo mentre i Magi fanno visita al Bambin Gesù, questi ultimi rappresentanti delle tre età dell’uomo: uno infatti è giovane, uno adulto ed il terzo anziano.

Non si può dimenticare la peculiarità dell’Annunciazione con l’Arcangelo Gabriele che sembra appena giunto, tanto sembra movimentata la veste dal movimento mentre già porge un giglio alla Vergine Maria posta sul lato opposto, inginocchiata e nell’atto solenne di accettazione sottolineato dalle braccia incrociate sul petto. La figura della Vergine è vestita con abiti sontuosi ed addirittura sullo sfondo si intravede una piccola ancella che legge, cosa che probabilmente voleva regalare alla Madre del Signore una nobiltà ed un prestigio degno della sua grazia e della sua santità. Da notare, altra particolarità, la presenza di Dio che sembra letteralmente “lanciare” il Bambin Gesù verso la Madre mentre già porta sulle spalle una piccola croce. Il pittore ha aggiunto poco distante dall'Arcangelo la scritta "Ave Maria" , il fumetto di un saluto che pare quasi un soffio di grazia che prelude alla maternità prossima della Madre del Signore Gesù'.

Molto interesse desta naturalmente anche l’Ultima cena sulla parete nord, la più antica di tutta la provincia di Treviso dipinta all’interno di una chiesa. L’attenzione al dettaglio del pittore è notevole, basti per esempio vedere le pietanze degli Apostoli e quella riservata a Gesù, un agnello senza testa che presagisce al suo imminente destino e la posizione di Giuda Iscariota. Quest’ultimo infatti non è a tavola come gli altri ma dalla parte opposta, davanti a Gesù che gli porge un tozzo di pane afferrato non a caso con la mano sinistra, mentre nella destra trattiene la saccoccia con i denari del tradimento. Singolari le piccole ciliegie poste sul tavolo, quasi squadrate nelle forme come se fossero state fatte in fretta con una pennellata. Le stesse ciliegie che poco prima dell’abside, in un’altra parte di affresco sulla sinistra, la Madonna allontana dal Bambino che allunga le mani per afferrarle, simbolo del suo sacrificio visto il loro colore rosso che si ripete nella collana di corallo che lo stesso Gesù Bambino porta al collo.

Ricordiamo gli interventi del parroco Don Riccardo Meneghel che ha ricordato come la chiesa rivesta un’importanza dal punto di vista culturale, ponendo l'accento sul suo valore intrinseco come luogo dove testimoniare con devozione la fede cristiana, e il discorso del direttore scientifico dell’ente diocesano “Beato Toniolo” Marco Zabotti che ha sottolineato l’intenzione di rendere maggiormente accessibile nel prossimo futuro il luogo sacro.

All’esterno nel piazzale della “Pagoda” era possibile poi degustare prodotti tipici della zona completando quindi l’offerta turistica con quella enogastronomica, un binomio tra arte e gusto che ha permesso di apprezzare i prodotti eccellenti della nostra produzione agricola locale.

Ce ne sarebbero cose da dire, gli approfondimenti su ogni dettaglio hanno aperto le porte verso un passato durante il quale questi affreschi erano dei “libri” attraverso i quali ogni fedele poteva letteralmente leggere i brani dei Vangeli e comprenderne intimamente il significato. È con quest’animo, calandoci nei panni di un fedele dell’epoca che dovremmo varcare la soglia della chiesa, abbandonando i nostri panni per immedesimarci in quelli di una persona che nel XV secolo che rimaneva sbalordita dinnanzi a tale bellezza e nel contempo, tramite essa, si immergeva in quella grazia che risuonava tra preghiere e silenzi, letture e suppliche. Grazie alla volontà di questi uomini e queste donne, al loro lavoro e alla profonda fede che li accompagnava durante ogni ora del giorno ora noi possiamo ammirare questa opera d’arte, custodita con il cuore e preservata dal tempo perché sia per noi ennesima ricchezza culturale e spirituale di un territorio che non finisce mai di stupire.

Ultimo aggiornamento: 19/04/2024 22:05