La Cattedrale di Notre-Dame, massimo simbolo della cristianità in Europa è in fiamme. Non importa se si sia trattato di casualità o di incuria nel restauro o se qualcuno abbia volutamente appiccato il fuoco. Non doveva succedere.
L’ipotesi terrorismo islamico è stata subito scartata. Bene così. Speriamo che sia veramente così e che non sia tornato un certo terrorismo che combatte il mondo cristiano.
Il valore simbolico cattedrale è comunque immenso, attaccare Notre-Dame, il nome vuol anche dire Europa, significa offendere i valori sui quali si basa la nostra civile convivenza.
Civile convivenza che viene però tristemente rimessa in discussione da numerosissimi fatti che con cadenza quasi giornaliera si verificano e che riguardano i simboli a noi più cari del cristianesimo. Molte chiese e cappelle in Europa vengono ripetutamente vandalizzate, imbrattate, parzialmente distrutte e incendiate stando a quanto riferiscono gli studi del Gatestone Istitute sul sito Middle East Forum..
La Francia è particolarmente colpita. Nel Paese la media delle profanazioni perpetrate da ignoti è di almeno due al giorno. Secondo PI-News, un sito di notizie tedesco, 1.063 attacchi a chiese o simboli cristiani sono stati registrati dal governo di Parigi nel 2018. Analoghi rapporti riguardano la situazione in Germania dove, spiega l’agenzia tedesca PI-News, "c'è una guerra strisciante contro i simboli cristiani e lo stesso avviene anche in tutto il reso dell’Europa”.
Sarà solo vandalismo - ma allora perché solo contro i simboli cristiani - o un disegno strategico con precisi fini al quale - in un’Europa che ha perso i suoi valori ed il rispetto di se stessa - qualcuno sta dando attuazione.
Chi potrebbe esserci dietro questi continui e crescenti attacchi alle chiese in Europa? Lo stesso rapporto della PI-News offre un suggerimento: “ quando dopo aver visto le croci rotte, gli altari distrutti, le Bibbie incendiate, i fonti battesimali rovesciati, ci si accorge che le porte della chiese sono infine arrogantemente imbrattate con espressioni islamiche e scritte in arabo qualche dubbio emerge”.
Un altro rapporto della citata agenzia tedesca dell'11 novembre 2017 rilevava che "le indagini della Polizia riportano che la maggior parte degli attacchi avvengono nelle regioni con un alto tasso di presenze di musulmani e che i colpevoli sono quasi sempre giovani con un passato da migranti spesso registrati come islamisti".
Anche in Francia, laddove aumenta il numero di migranti musulmani ospitati aumentano proporzionalmente gli attacchi alle chiese. Uno studio del gennaio 2017 ha rivelato poi che “le aggressioni attribuibili ad islamici contro simboli cristiani sono aumentate del 38% e la maggior parte è avvenuta durante il periodo natalizio".
Gli stessi rapporti PI-News evidenziano che il profilo tenuto dalle autorità e dei media nel diffondere le notizie è molto basso, “l’identità musulmana o migrante dei vandali è spesso omessa e nei rari casi in cui viene resa pubblica gli autori vengono presentati come affetti da problemi di salute mentale. Quasi nessuno scrive e parla dei crescenti attacchi ai simboli cristiani. C'è un pesante silenzio sia in Francia che in Germania, ma forse dovremmo dire in larga parte dell’Europa occidentale, sulle scandalose profanazioni e sull'origine dei responsabili. Nessuna notizia che potrebbe indurre la pubblica opinione a sospettare dei migranti viene diffusa.”
Affermazioni inquietanti queste di PI-News, che confermano comunque il trend europeo che riguarda anche il nostro Paese. Ci accorgiamo ogni giorno che certa stampa preminente a livello politico e la televisione che conta usano linguaggi reticenti quando devono riferire fatti di cronaca che riguardano gli immigrati, specie se di origine islamica.
Certo non vanno fomentati gli animi, ma la corretta informazione e l’analisi trasparente dei fatti, dovrebbe essere il viatico mediatico di ogni democrazia, nel rispetto della pluralità dell’informazione. Il problema immigrati esiste, la percentuale di immigrati che commettono reati non solo di profanazione religiosa ma anche comuni cresce in misura direttamente proporzionale all’aumento delle loro presenze. Tant’è!