Politica

A proposito del terzo mandato... Qualcuno ancora non si arrende

di On. Luciano Falcier

E’ tutto chiaro e definito, ma qualcuno ancora non si arrende.
Con tutti i problemi esistenti, guerre, crisi, dazi, sanità, lavoro, scuola, l’opinione pubblica è costretta a seguire i problemi del terzo mandato: siamo fra il ridicolo e il patetico.
Le leggi statali sono chiare: per gli eletti a suffragio diretto il numero dei mandati consecutivi non può’ essere superiore a due.
I partiti (salvo, per “dovere d’ufficio”, la Lega) e i parlamentari hanno più volte dichiarato che sono contrari al terzo mandato.

La Corte Costituzionale è stata chiara e perentoria nel ribadire, per sindaci e presidenti, che due mandati sono sufficienti e che la legge dello Stato fissa, per le Regioni, in cinque anni la durata di ogni mandato . Era tutto chiaro ma sono stati necessari sentenze e pareri.
L’ultimo, ma non ultimo, tentativo di togliere ogni vincolo al numero dei mandati regionali è la proposta e la speranza di modificare la legge statale, nonostante i pronunciamenti sopra indicati siano contrari e chiarissimi.

Ma forse nemmeno l’eventuale modifica della legge statale potrebbe bastare, tanto precisa è stata la Corte Costituzionale nel ricordare che “tutti i cittadini ...possono accedere... alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza” (art. 51 Costit.) e che “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli” (art. 3 Costit.) sull’argomento. Questo lascia, inoltre, intendere che le regole del numero massimo di mandati sono applicabili anche alle regioni a statuto speciale, nonostante la loro competenza in materia elettorale.

Cosa ha ribadito, infatti, la Corte Costituzionale, soprattutto in occasione del tentativo della regione Campania di calcolare il numero dei mandati solo da quando ha recepito nel proprio ordinamento (legge regionale n.16 dell’11.11.2024) tutti i contenuti della legge statale e non, invece, da quando la stessa legge statale è stata promulgata (legge n.165 del 02.07.2004).
La Regione Campania ricorda, inoltre, in modo un po’ malizioso, che in precedenza così hanno provveduto le leggi del Veneto, delle Marche e del Piemonte. Queste Regioni, infatti, hanno ritenuto di calcolare il numero dei mandati solo dalla data di recepimento della norma statale (legge n.5 del 16.01.2012 per il Veneto).
La regione Campania, cioè, ha recepito l’obbligo di due mandati massimi consecutivi, ma precisando che il computo dei mandati decorreva solo dalla data di entrata in vigore della legge regionale (2024). D’altra parte il tentativo era già riuscito ad altre regioni .

In realtà la regione Campania aveva già recepito la norma statale (con legge 27.03.2009 n.4), scegliendo il sistema elettorale diretto (quello che prevede il numero massimo di mandati), ma solo ora, con la legge del 2024, dichiara di scegliere, in modo esplicito, il vincolo dei due mandati.
La Corte Costituzionale non è caduta nel “trucco” , precisando che la norma statale, va applicata dalla sua entrata in vigore (2004), volendo proprio evitare “il rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere”.

La Corte, inoltre, in relazione ai sindaci, ricordando altri articoli della Costituzione strettamente connessi al principio democratico che informa l’intero ordinamento, ha anche chiarito che la previsione del numero massimo di mandati consentito riflette “una scelta normativa idonea a garantire fondamentali diritti e principi costituzionali relativi all’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali”.
In altre occasioni la stessa Corte ha anche precisato che il limite ai mandati è “un principio di ampia applicazione per le cariche pubbliche,...con le finalità di valorizzare le condizioni di uguaglianza che sarebbero – negativamente - influenzate da coloro che ricoprono la stessa carica da due o più mandati consecutivi”, e che serve a favorire l’inserimento di “forze fresche” nel sistema rappresentativo, nella prospettiva di assicurare l’ampliamento dell’elettorato passivo e impedire forme di concentrazione della rappresentanza. Tutte valutazioni, assieme ad altre, già presenti nella relazione al Senato che illustrava la proposta diventata legge n. 165/2004.

Da queste e tante altre considerazioni si può dedurre che è probabile che il principio del vincolo del numero massimo di mandati valga anche per le Regioni a statuto speciale, tenendo conto che è sostenuto da varie norme costituzionali e quindi non completamente superabile nemmeno da una legge statale ordinaria.
L’elezione diretta, infatti, è accompagnata nei comuni e nelle regioni, da enormi poteri attribuiti all’eletto, tale da aver suggerito il numero massimo di mandati.
È, quindi, anche incomprensibile che per i comuni fino a 15.000 abitanti il limite sia stato rimosso, inventando il motivo che è difficile trovare candidati.
Ma perché non si prende atto del motivo per il quale il numero dei votanti continua a diminuire, come pure il numero di persone disponibili ad impegnarsi, e che ogni anno molti comuni per liberarsi del proprio Sindaco vanno a votare in via anticipata? Il motivo principale della instabilità è probabilmente proprio l’elezione diretta, accompagnata da enormi poteri e il rifiuto di molte persone capaci di impegnarsi in politica è legato alla non disponibilità a fare da “chierichetti” del Sindaco, che non ha obbiettivamente alcuna concorrenza, ma anzi esercita un’enorme concentramento di potere. 
On. Luciano Falcier
ex parlamentare

Ultimo aggiornamento: 07/06/2025 15:24