Italia

Conclusa l’operazione antibracconaggio denominata “Pettirosso”

Si è conclusa l’operazione antibracconaggio dei Carabinieri Forestali denominata “Pettirosso”, richiamando uno degli uccelli simbolo della migrazione autunnale, coordinata dal Reparto Operativo – S.O.A.R.D.A. (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali) del Raggruppamento Carabinieri CITES, in sinergia con i Gruppi Carabinieri Forestali di Brescia, Bergamo, Mantova, Padova, Verona e Vicenza e l’apporto di unità cinofile addestrate alla ricerca di armi, munizioni, strumenti di cattura, richiami acustici, fauna selvatica.

Come ogni anno, i Carabinieri Forestali sono scesi in campo per garantire la tutela delle specie di avifauna costrette a migrare da aree che diventano inospitali, per la riduzione di cibo e risorse disponibili, verso quelle di “svernamento”, situate nel bacino del mediterraneo e del continente africano. Centinaia di migliaia di uccelli che, guidati da un innato richiamo e percorrendo rotte ataviche, sfidano con resilienza non solo le avversità naturali, ma anche gli atti di bracconaggio.

In particolare, le Prealpi lombardo-venete, per la loro posizione geografica, rappresentano un importante punto di passaggio lungo le rotte migratorie dei piccoli passeriformi, costituendo una ricchezza inestimabile in termini di biodiversità. Una concentrazione imponente di uccelli appartenenti a specie fortemente minacciate e pertanto protette da leggi nazionali e convenzioni internazionali, i quali, stremati dalle lunghe distanze percorse, risultano particolarmente vulnerabili, in particolar modo sui valichi montani, veri e propri “colli di bottiglia” per la migrazione.

La capillare attività di controllo del territorio svolta da Carabinieri Forestali in quei territori ha condotto alla denuncia di 100 soggetti per reati perpetrati contro l’avifauna selvatica, a 4 arresti per detenzione di arma clandestina e detenzione illegale di armi ed al sequestro di quasi 1.400 uccelli abbattuti ed oltre 1.000 esemplari vivi catturati illegalmente. Sono stati, inoltre, sequestrati 1.029 dispositivi di cattura illegale, 153 reti da uccellagione, 98 armi e 17.157 munizioni.

Tra i principali reati accertati, quelli di furto aggravato di fauna selvatica (bene indisponibile dello Stato), ricettazione, contraffazione di pubblici sigilli, uso abusivo di sigilli destinati a pubblica autenticazione, maltrattamento e uccisione di animali, detenzione non consentita di specie protette e particolarmente protette, uccellagione, esercizio della caccia con mezzi vietati, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni.

Gli strumenti illegali maggiormente utilizzati dai bracconieri risultano ancora essere richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, reti da uccellagione, gabbie-trappola o, nei casi peggiori, archetti e trappole metalliche in grado di imprimere gravi sofferenze alla fauna, lasciata viva e agonizzante per ore.

Il sequestro di 1.182 “trappole di morte” evidenzia la gravità del fenomeno, in quanto il prelievo massivo e non selettivo implica un’alterazione dell’equilibrio esistente tra le specie viventi e i loro habitat, dovuta alla ferocia dall’attività antropica illecita, che rappresenta un pericolo per l’ecosistema e per il potenziale danno ambientale che ne discende.

La maggioranza degli esemplari vivi di avifauna sequestrati presentava anelli visibilmente manomessi, condizione questa che presuppone l’immissione sul mercato di centinaia di esemplari presumibilmente catturati in natura e inanellati abusivamente, prima di essere venduti o utilizzati come “richiami vivi”, la cui lecita detenzione richiede invece l’apposizione di un anello cilindrico inamovibile in metallo.

Nel corso dei servizi sono stati effettuati diversi interventi di rilievo. In particolare, in provincia di Brescia, in distinte operazioni sono stati tratti in arresto quattro soggetti, di cui due per detenzione di arma clandestina, uno per detenzione illegale di più armi comuni da sparo e relativo munizionamento ed uno per aver opposto resistenza a pubblico ufficiale, che lo aveva colto in flagranza di reato per furto venatorio aggravato, maltrattamento di animali, omessa custodia di armi e munizioni e omessa denuncia di smarrimento/furto di armi, oltre che ricettazione e detenzione abusiva di munizioni.

In provincia di Padova, è stato deferito un soggetto per aver esercitato l’attività venatoria mediante l’ausilio di reti da uccellagione, richiami elettroacustici e richiami vivi non autorizzati, nonché armi dotate di prolunghe artigianali della canna, tutti posti sotto sequestro.

Le evidenze delle attività svolte comprovano come le “Prealpi Lombardo-Venete” costituiscano ancora un’area fortemente interessata dal fenomeno del bracconaggio, confermandosi uno dei black-spot più impegnativi tra quelli individuati dal “Piano d’Azione Nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici”, nonostante la presenza di numerosi cacciatori rispettosi delle normative vigenti.

I Carabinieri Forestali hanno operato con il fattivo contributo dei volontari del CABS, LIPU, Legambiente, WWF, LAC, NOGEZ e Fare Ambiente, oltre che di cittadini e cacciatori. Gli esemplari sequestrati sono stati affidati ai centri di recupero animali selvatici (CRAS) l’“Oasi WWF Valpredina” di Bergamo ed “Il Pettirosso” di Modena, per il successivo rilascio in natura non appena le loro condizioni fisiologiche lo consentiranno.

Ultimo aggiornamento: 13/01/2025 22:28