In ricordo della Principessa Mafalda di Savoia, nell'ottantesimo anniversario della scomparsa
di Emilio Del Bel Belluz
Il 28 agosto del 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald, in Germania, moriva la principessa Mafalda di Savoia, all’età di 42 anni, figlia del re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena di Savoia. Questa coraggiosa donna che il destino tragico aveva tolto alla sua famiglia era la moglie del principe d’Assia ed ha avuto quattro figli. Il 28 agosto 2024 saranno passati ben 80 anni dalla sua morte, e il suo ricordo si accende ogni anno in questa data. Il critico letterario Giorgio Pasquali in un suo saggio diceva:” Chi non ricorda, non vive”.
Queste parole mi hanno fatto ricordare le pagine inerenti alla storia della Principessa Mafalda, consegnatemi da un generale italiano, con la dedica:” Per non dimenticare”. Questa parola fu per me un ordine e con il tempo conobbi la storia difficile della Principessa di casa Savoia. Nelle tante pagine che lessi, mi colpì il coraggio di questa donna, l’amore verso i figli e il marito e la sua generosità che portava, sebbene prigioniera e malnutrita, a condividere il suo scarso cibo con gli altri infelici. Fin dall’infanzia fu guidata dalla cara madre ad assistere e a soccorrere le persone bisognose. Quando penso a lei rivedo come in un’ immagine nitida il volto distrutto della regina Elena del Montenegro che, alla notizia della morte della figlia, giunta un anno dopo, dall’immenso dolore, svenne. La Regina Elena non riuscì mai a superare questo dolore così immenso. La mamma di Mafalda non poté mai piangere sulla tomba della sua adorata figlia.
In un piccolo paese della nostro Veneto, a Summaga, c’è una piccola chiesa dedicata alla Principessa Mafalda, ove porrò una rosa rossa a ricordo del suo martirio, e allo stesso tempo innalzerò una preghiera per la Regina dei poveri che si consumò gli occhi per piangerla, con la speranza che venga al più presto innalzata agli onori degli altari. Conservo la stessa speranza anche per la principessa Mafalda che morendo disse: “ Non chiamatemi Principessa, io sono una vostra sorella”.
A testimonianza di quanto disse sempre la principessa prima di morire donò la sua fede nuziale, alla persona che Le stette accanto durate la prigionia e che considerava come una sorella. La Regina Elena scrisse la sottostante lettera al genero al momento della traslazione del corpo della figlia dal campo di concentramento alla cappella della famiglia d’Assia.
Carissimo Fili, “ Ti ringrazio moltissimo per la tua cara lettera così toccante. Sapere la mia Mutilini vicino a te è per me una grande consolazione. Io spero in Dio che la mia salute mi permetterà di venire ad abbracciare la cara tomba e di rivedere te, mio caro Fili. Ho dato ordine al buon Olivieri di informarsi se il viaggio fino a Francoforte è fattibile poiché tu sai come tutto è difficile per me. Non appena avrò saputo qualcosa di preciso te ne informerò inviandoti Olivieri per parlartene. Se tu solamente sapessi quanto è grande la mia consolazione di sapere la mia cara povera bambina sotto la tua custodia e così vicina a te. Essa ti amava tanto. “ Spero che il medico che mi cura mi permetterà questo viaggio perché in questo momento non mi sento troppo bene. “ Ringraziandoti ancora della felicità che ho avuto leggendo la tua lettera ti abbraccio, mio amato Fili, con tutto il cuore, La tua affezionatissima mamma Elena. ”