Dialoghi su temi di grande attualità tra il Presidente dell’Associazione Nazionale Sostenitori “Amici della Polizia” Cav. Flaviano Iuliano e Luciano Falcier già Senatore della Repubblica.
Cosa pensa dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio ?Sono favorevole, anche se non credo che darà maggiore coraggio ad amministratori e funzionari pubblici per adempiere al proprio dovere ed assumersi le proprie responsabilità. Ritengo, cioè, che altri siano i motivi principali che impediscono o ritardano di assumere le decisioni di competenza. Il reato in questione, come per esempio, il “falso in bilancio ”probabilmente è stato utilizzato soprattutto per cercare eventuali altri più gravi reati ed entrare, cioè, dalla “finestra” per cercare altre responsabilità. È bene sia stato abolito e si abbiano a perseguire direttamente le vere responsabilità ed eventuali più gravi reati.
Un suo parere sulla questione vitalizi ?
Premesso che probabilmente per vitalizi (ai parlamentari?) si vuol intendere una “pensione” percepita dagli ex - parlamentari, calcolata come percentuale sull’indennità di carica e corrisposta subito dopo la cessazione del mandato elettivo. Questo istituto (mai esistito nelle for me descritte) è, in ogni caso, cessato totalmente dal 2012 e i parlamentari cessati dopo quell’anno percepiscono un’indennità differita, dopo avere raggiunto una certa età (in genere 65 anni) e sulla base dei contributi previdenziali versati. Come tutti i lavoratori, dopo la legge “Fornero”.
Tutte le pensioni, in realtà, in passato e in tanti casi ancora oggi, sono basate sul sistema “retributivo” (calcolate, cioè, su una percentuale degli ultimi stipendi e non sulla base dei contributi versati) e sono, perciò, da considerarsi vitalizi. Le pensioni attualmente in godimento, in pratica, sono, in gran parte, veri vitalizi. L’argomento si crede, invece, riguardi, solo gli ex parlamentari, cessati dal mandato prima del 2012 e destinati necessariamente a progressiva “estinzione”, e non debba, invece, preoccupare, per eventuali arbitrarie e illegittime applicazioni, con effetto retroattivo, gli attuali e futuri pensionati.
Per gli ex parlamentari, infatti, e per ora solo per loro, è stato previsto un taglio con effetto retroattivo (mai applicato ad altre categorie) sulla base di criteri illogici, irrazionali e difficilmente spiegabili. Le Associazioni degli Ex hanno sempre dichiarato la disponibilità, come anche indicato dalla Corte Costituzionale, di essere disponibili a tagli e riduzioni, in maniera proporzionale e temporanea, se le esigenze dell’economia nazionale lo suggerivano. Chiari, invece, gli intenti “punitivi”, da parte dei nuovi arrivati, contro chi ha fatto, in passato, attività politica (la casta), e tentando di impedire a questi di continuare a impegnarsi e partecipare all’attività politica.
Oltre e più dell’opinione pubblica, cioè, sono gli attuali parlamentari a tentare di tener lontani dalla politica i loro predecessori. Nel merito, non sfuggo alla domanda: sono favorevole. Ritengo sia una condizione se si desidera che i parlamentari, oltre ad essere preparati, siano liberi e autonomi durante il loro mandato e non temere condizionamenti per il loro futuro. La Corte Costituzionale, infatti, ha riconosciuto che il “vitalizio”, pur avendo la funzione di una pensione, è soprattutto un’indennità differita, grazie alla quale il parlamentare in carica non dovrebbe essere condizionabile nell’esercizio del proprio mandato. È lo stesso problema della presenza degli assistenti parlamentari (“portaborse”) che dovrebbero servire al parlamentare per essere autonomo, potendo servirsi di uno o più collaboratori, di uno o più esperti, per essere aiutato a fare buone leggi e non dover ricorrere ad associazioni, gruppi organizzati, lobby, sempre pronti a suggerire, proporre leggi o emendamenti. Se si vuole che il parlamentare sia libero, va aiutato, riconoscendogli una equa indennità, assistenza legislativa e amministrativa, certezza di non essere condizionabile né durante il mandato né in futuro.
Ben altre sarebbero le modifiche utili e necessarie per migliorare lo status del parlamentare, con rendiconti nei rimborsi spese, cambiando le modalità di retribuzione degli assistenti, con aspettative obbligatorie per tutti, con qualche privilegio in meno e qualche garanzia in più. Ma questo è un altro discorso.
Sull’Autonomia del Veneto, Lei da che parte sta ?
Ho fatto parte per diversi anni della prima Commissione Affari Costituzionali del Senato, presiedendo il Comitato Pareri che esprimeva la propria obbligatoria opinione su ogni proposta, relativa al rispetto delle competenze delle Regioni da parte dello Stato (sulla base di quanto previsto dall’articolo 117 della Costituzione) e come assessore regionale con delega agli enti locali ho difeso in tanti modi l’Autonomia dei comuni, soprattutto dei più piccoli, proprio nel periodo di prima applicazione del Testo Unico Enti Locali del 1990.
L'Autonomia delle Regioni è prevista, naturalmente anche per il Veneto, dalla Costituzio ne del 1948, rafforzata nel 2001, con il precedente della Sicilia nel 1946.L’Autonomia era ed è nella Costituzione e fin dal 1860 si discusse se si dovevano rispettare e considerare, al momento dell’Unità d’Italia, le caratteristiche, le diverse identità, le culture di ogni Regione o già fare una legislazione unica per tutta l’Italia, sulla base del modello burocratico del Piemonte. Prevalse la seconda ipotesi, ma dal punto di vista economico, sociale, culturale il problema è ancora aperto.
Ero e sono per il principio di sussidiarietà: non faccia l’ente “superiore” ciò che può fare meglio l’ente “inferiore”, se non altro perché quest’ultimo è più vicino al cittadino e più in grado di controllare.
La Costituzione, quando afferma che la Repubblica è composta da Comuni, Provincie, Città Metropolitane, Regioni e Stato, chiarisce, ma è “duro” prenderne atto, che lo Stato è una componente della Repubblica e non è il tutto. La Costituzione “riconosce”, inoltre, le autonomie locali e prevede l’obbligo, per Stato e Regioni, del decentramento amministrativo. Tutto già scritto. Vi è bisogno, piuttosto, di uno Stato più snello, più efficiente, con precise competenze e forti poteri. Le Regioni dovrebbero meglio esercitare le funzioni che già hanno, tenere per sé solo i poteri di programmazione, legislazione e controllo, e lasciare, invece, la gestione soprattutto agli Enti Locali.
Il problema più urgente è quello di ridurre le materie a “legislazione concorrente”, assegnando, con chiarezza, allo Stato e alle Regioni maggiori materie di esclusiva competenza.
La legge “Calderoli” è per tutte le Regioni. Chi lo desidera se ne può avvalere, chi non lo desidera non può impedire che altri lo possano fare. Il Veneto, inoltre, deve esercitare tutte le competenze che oggi già possiede (scuola, banche locali, professioni, per esempio) e non chiedere 23 nuove materie (la Costituzione, infatti, prevede solo che possano essere date “ulteriori forme di autonomia”), escludendo, di fatto, la possibilità di attribuire alle Regioni ulteriori intere materie, la cui competenza quindi, in gran parte, rimarrebbe, comunque, allo Stato.
Autonomia, inoltre, non significa altre risorse (schei), da pretendere, ma solo nuove eventuali risorse relative ad eventuali nuove funzioni, con maggiori competenze, rischi, responsabilità e anche autonomia di entrata. Tutto questo fa sorgere il dubbio che il ritardo di tanti anni nelle procedure di nuovi poteri sia anche dovuto a poco entusiasmo e poco convincimento.
In tanti la identificano in un acceso riformista, può spiegare quale animo contraddistingue un vero riformista e quali differenze ha rilevato nel tempo, dal punto di vista politico, su questo tema...si è migliorato o meno?
Bella domanda, ma non semplice la risposta. Sono un conservatore per quanto riguarda la difesa dei principi e valori relativi alla vita, alla famiglia, alla solidarietà, all’amicizia, alla democrazia, al senso del dovere e delle responsabilità, al rispetto dell’Autorità e perplesso e preoccupato nel constatare che molti desideri si sono trasformati in presunti diritti. Con cautela e con il rispetto verso le idee di tutti ritengo sia sempre necessaria la moderazione, da non confondersi con la rinuncia a decidere, a riformare (per migliorare è sempre necessario cambiare, anche se non sempre cambiare vuol dire migliorare).
Vi è, però, soprattutto bisogno di coraggiosi, di testimoni credibili, di “estremisti di centro”, di persone capaci di ascoltare e di decidere. Riformista perché convinto che si può sempre migliorare, avendo e dando fiducia alle persone. La mia esperienza, per esempio, nella sanità (sono stato presidente in occasione della nascita delle USSL), nel momento, cioè, in cui era necessario dare attuazione ad una grande riforma; nell’edilizia economica e popolare (primo presidente dell’ATER a Venezia), dopo aver contribuito, Veneto prima regione in Italia, a creare le nuove Aziende come ente economico, mi conferma che le risorse per investimenti ci sono sempre, mancano spesso le idee e il coraggio.
Riformista è avere progetti per il futuro, dare fiducia alle persone e ai giovani, essere convinti che la gente, pur essendo spesso egoista e invidiosa, non è mai “stupida” ed è pronta a collaborare se viene spiegato il “progetto”, l’obbiettivo, dando non solo il proprio voto ma an che fiducia e sostegno.
Nel tempo si è peggiorato, si pensa troppo al presente, all’immediato, al consumo, alla gestione ordinaria. Oggi, tanti, troppi, vanno all’assalto dello Stato, cercando di accaparrarsi sempre più spazio e benefici, con le Istituzioni che si “concedono” ai più forti, a danno spesso dei “senza voce”, rinunciando ad accrescere il prestigio, il potere delle nostre Istituzioni. Sono, però, convinto che la gente desidererebbe condividere progetti a lunga durata, pronta anche a rinunce, se di durata limitata e per obiettivi chiari, pronta, se necessario, anche ad accettare misure “impopolari” se gli scopi e gli obbiettivi sono spiegati e condivisi.
Tra i diversi e numerosi politici che ha incontrato durante la sua luminosa carriera, qual è stato il politico che l’ha maggiormente impressionato per attivismo e capacità, e perché?
Grazie per la domanda, anche se esagerati nel parlare di luminosa carriera. Confermo che ho avuto la possibilità di incontrare e frequentare tante belle presone delle quali ricordo l’impegno, la capacità e l’onestà. Mi è difficile sceglierne uno solo tra Zaccagnini, Mattarella, Berlusconi, Pera, Bernini, Fracanzani e altri, ma per rapporti personali, di amicizia e di stima e dovendo indicare un solo nome scelgo Giovanni Goria, già Ministro del tesoro (a quel tempo ero deputato ) e Presidente del Consiglio. Giovane, brillante, capace, motivato, non presuntuoso, munito anche di umiltà (dote oggi quasi sconosciuta in molti protagonisti) e capace di dialogare, ascoltare, aiutare e delegare. È mancato troppo presto ed ancora troppo giovane.