A che punto siamo?
In un contesto sociale sempre più sensibile alle tematiche legate alla violenza contro le donne, anche il Veneto ha deciso di fare il possibile per prevenirne e contrastarne la diffusione.
Con la Legge 23 aprile 2013, n. 5, infatti, la nostra Regione ha fin da subito riconosciuto ogni forma di violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani fondamentali e come un concreto ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi, in armonia con i principi costituzionali e le convenzioni europee e internazionali sul tema, tra le quali ricordiamo in particolare la Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011.
La tutela e il sostegno delle donne che si trovano in condizioni di pericolo, quindi, ha assunto negli anni un ruolo centrale nel piano d’azione regionale, tanto che l’Assessorato alla Sanità, Servizi sociali e Programmazione socio-sanitaria della Regione provvede annualmente all’elaborazione di un report in cui vengono resi noti i dati relativi alle misure di contrasto e prevenzione adottate nel corso dell’anno precedente, al fine di tener costantemente monitorato l’andamento e la buona riuscita delle iniziative di volta in volta perseguite.
Ma quali sono gli strumenti che la Regione mette concretamente a disposizione delle donne che hanno subito e subiscono violenza?
Le forme di supporto offerte a livello regionale in tal senso si concretizzano principalmente nella messa a disposizione di strutture di accoglienza specializzate, tra cui i Centri antiviolenza e le Case rifugio, dove le donne in difficoltà e i loro figli possono trovare un luogo sicuro in cui rifugiarsi, con il sostegno di personale qualificato per fornir loro l’aiuto di cui necessitano.
In particolare, i Centri antiviolenza sono strutture, pubbliche o private, predisposte per accogliere le donne (e i loro eventuali figli minorenni) che abbiano subito o si trovino esposte alla minaccia di ogni forma di violenza di genere intra ed extra-familiare.
Si tratta di spazi dedicati e protetti, che all’occorrenza offrono servizi di pronta emergenza, anche tramite assistenza telefonica, e garantiscono anonimato e segretezza a tutte coloro che vi si rivolgano.
In Veneto ci sono 26 Centri antiviolenza, per i quali sono previsti 41 sportelli attivi e distribuiti in ciascuna provincia, garantendo così un totale di 67 punti di accesso alla rete di tutela.
Si tratta di un dato confortante, come evidenzia il report annuale dell’Assessorato alla Sanità, Servizi sociali e Programmazione socio-sanitaria della Regione, dove si può leggere quanto segue: “Confrontando la rete con le potenziali utenti, si conferma una tenuta del sistema negli anni: le donne residenti in Veneto sono 2.467.0025 e rapportando questo dato con i 26 Centri ne consegue che ogni 94.885 donne residenti in Veneto è presente un CAV”.
I servizi che di consueto offrono i Centri antiviolenza sono sostanzialmente di prima informazione/ascolto (telefonico, colloquio, e-mail) e di “presa in carico”, quando cioè l’utente decide di essere seguita dalle operatrici del Centro con continuità, attraverso un percorso personalizzato di autonomia e uscita dalla violenza.
Stando ai dati presentati nell’ultimo report annuale, a rivolgersi prevalentemente a tali Centri sono donne coniugate o con una relazione di unione/convivenza, di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Di consueto, la maggior parte degli autori di violenza è il coniuge o il partner, confermando così l’ambito relazionale/affettivo come il principale fattore di rischio per le donne vittime di violenza. In generale, infatti, i casi si riferiscono a relazioni di coppia in corso o concluse e riguardano principalmente forme di violenza psicologica, stalking e violenza economica, seguita poi da quella fisica.
Le 28 Case rifugio attualmente operative in Veneto, invece, sono strutture, anch’esse pubbliche o private, predisposte per offrire accoglienza e protezione continuativa alle donne vittime di violenza (e ai loro eventuali figli minorenni), nell’ambito di un programma personalizzato di recupero e di inclusione sociale, naturalmente nell’assoluto anonimato. In genere, infatti, viene garantita la segretezza dell’ubicazione della casa in cui la donna vittima di violenza trova rifugio.
Un dato rilevante, peraltro in crescita rispetto all’anno precedente, riguarda il 73% delle donne che, dopo essere state accolte nelle Case rifugio, ha scelto di sporgere denuncia, forse proprio per merito della maggior sicurezza avvertita grazie a tali misure di protezione messe a disposizione dalla Regione.
Naturalmente c’è ancora molto da fare, specialmente in ottica di prevenzione degli episodi di violenza di genere attraverso il cambiamento del paradigma culturale vigente. Tuttavia, i segnali sono positivi e testimoniano l’esistenza di un sistema regionalmente strutturato e ben organizzato per far fronte alle situazioni di crisi e pericolo che le donne, purtroppo, si trovano sovente ad affrontare.