Cultura, Pordenone, Friuli V.G.

La chiesa di San Giovanni Battista di Livenza

di Monia Pin

Foto: Monia Pin
Particolare della Via Crucis
Dal libro "La fede lungo il fiume Livenza" di R.Guerra
SACILE (PN) - Certo il nostro territorio ci ha abituato a sorprenderci, nei suoi lembi di terra che scivolano tra fiumi e borghi, lungo sentieri e viuzze che si abbandonano alla quiete della campagna fino a portarci su colline che trattengono a stento l'entusiasmo di ospitare gioielli di rara bellezza.

Così è per la chiesa di San Giovanni di Livenza a sud di Sacile, ma appartenente alla parrocchia di Francenigo. Un legame risalente fin dal remoto passato unisce la chiesa di San Giovanni di Livenza alla comunità di Francenigo, fatto testimoniato un tempo anche da un ponticello che metteva in comunicazione questa chiesa con quella di Francenigo.

Essendo dedicata a San Giovanni Battista si deduce la sua rilevanza religiosa, secondo la tradizione potrebbe far pensare, vista anche la sua posizione strategica su un importante asse viario, al suo iniziale status di chiesa matrice di Francenigo; questa resta però una supposizione visto che allo stato attuale non esistono prove a riguardo. Ricordiamo che la Pieve di Francenigo è molto antica e rientra nel novero delle pievi medievali locali, un tempo legata ai conti di Porcia.

La chiesa di San Giovanni di Livenza era posta quindi lungo una via di passaggio trafficata e di controllo, aveva un proprio curato il quale disponeva di una sua canonica aldilà della strada, edificio visibile che sembra far capolino tra i vigneti per ricordarci la sua presenza. Finemente inserita in un ambiente prettamente campestre, l’edificio sacro attrae lo sguardo per la sua forma slanciata e quel leggero candore che sembra essere un ponte ideale tra la campagna che richiama ai ritmi di un tempo e le case del borgo, riunendo con la sua presenza antico e nuovo, con una nota che, come vedremo, ci porta a compiere idealmente un viaggio nella tradizione artistico-religiosa di luoghi solo apparentemente alieni al nostro passato.

La chiesa sorge su di una piccola altura e la sua prima attestazione la fa risalire al 1233, poi nel corso del XV° secolo si provvide al suo ampliamento. Ha la pianta rettangolare, è ad un’unica navata, il soffitto interno e a capriate in legno e il presbiterio è orientato verso est. Molto caratteristico il campanile a vela innalzato nel prospetto di ingresso. Mi accoglie don Fabrizio Casagrande, che ringrazio per avermi dato la possibilità di poter ammirare internamente questo importante gioiello dell’arte sacra locale.

Ciò che sorprende subito, appena varcata la soglia, sono gli affreschi che richiamano alla mente ben altre chiese e che, molto probabilmente, non hanno eguali in zona. Si tratta infatti di opere chiaramente di scuola orientale, più precisamente veneto-cretese, tanto che le figure sono un chiaro rimando alle icone bizantine. La loro particolarità è che non sono state realizzate su tavole di legno, né con la tecnica del mosaico, ma l’autore o gli autori hanno scelto l’affresco.

Sopra l’arco a tutto sesto che conduce all’altare è raffigurata l’Annunciazione, con al centro Dio Padre e ai lati l’Arcangelo annunziante e la Vergine Maria che già fanno intuire lo stile post-bizantino nell’eleganza dei panneggi e nelle pose che mimano allo spettatore tutta la sacralità del momento. Sotto appaiono le figure di San Pietro e San Paolo, facilmente riconoscibili dall’iconografia che li contraddistingue.

Sulle pareti della navata, poco prima dell’altare, appaiono altre due scene. A sinistra una rappresentazione che si discosta dalle altre per un ritorno al genere stilistico più vicino a noi, con la Madonna in trono con Bambino e due santi ai lati: a destra c’è San Giovanni Battista e a sinistra San Giacomo il Minore. Sul piedistallo dove poggia il trono della Vergine Maria è ben leggibile l’iscrizione che consente di sapere il nome del committente e la datazione dell’opera: “S. Carlo de Vettor ha fatto fare per suo avodo et devocion MDLXXXXIII”.

Sulla parete di destra ecco il ritorno allo stile veneto-cretese con il Battesimo di Gesù al Giordano, interessante anche per la figura della committente inginocchiata che tiene in una mano un libro e volge lo sguardo a Gesù che riceve dall’alto lo Spirito Santo. La veste della donna farebbe pensare alla sua appartenenza ad un ordine religioso o potrebbe essere stata la consorte di un personaggio importante della zona. Purtroppo non sono state trovate fonti a riguardo. Ci è data sapere solo la data dell’affresco, 1593, per il resto dovranno essere fatte le opportune verifiche così da comprendere in maniera più approfondita la motivazione di tale stile orientale in una chiesa campestre della nostra zona e se esistono in zona opere che si rifanno al medesimo stile.

Molto particolare il Crocefisso del ‘500, di autore ignoto ma di provenienza dal Cadore, oggetto di devozione popolare in quanto considerato miracoloso. Un episodio del 1701, riportato nel libro di Roberto Guerra “La fede lungo il fiume Livenza”, riguarda una bambina nata morta ma che, una volta esposta davanti al miracoloso Crocefisso, diede segni di vita e fu poi battezzata. La piccola mancò poi il 22 giugno, per “ritornare a dormire in pace tra i morti”, come riportato nel registro parrocchiale di Francenigo dove fu trascritto l’episodio con tanto di nomi dei testimoni presenti. Il Crocefisso è una scultura policroma, restaurata nel 2002; alcune decorazioni sono riemerse nel panneggio che avvolge il corpo di Cristo e la devozione era tale che un tempo il Crocefisso veniva portato in processione dai fedeli. Un tempo era stato posto sulla parete di destra dove ora si trova della pala, poi è stato ricollocato nel suo posto originario.

L’insieme composto dagli affreschi e da quest’ultima scultura comunicano ai fedeli i punti fondanti del Credo Cristiano, dall’Annunciazione e nascita, passando per l’incarnazione e finendo con la resurrezione. Guardando queste opere i fedeli non possono che sentirsi coinvolti nel Mistero di Cristo, sentendo quel richiamo alla contemplazione che spinge a raccogliersi in un silenzio fecondo, dove pulsa vivo e ardente l’infinità del Suo Amore e della Sua Misericordia.

Le pareti della chiesa sono ornate di una magnifica Via Crucis, in bronzo, opera dello scultore contemporaneo Giorgio Igne, frutto di una donazione delle famiglie Mazzon. In queste formelle l’artista conferma la notevole espressività artistica, che lo vede spesso impegnato in tematiche religiose. Ogni scena rivela la sua notevole capacità di inserire elementi di modernità nel contesto di un luogo sacro antico, accentuando l’aspetto della ricerca interiore, marcato con tale forza da indurci a spalancare le porte del cuore alla verità che trapela impetuosa da ogni figura rappresentata.

La chiesa di San Giovanni di Livenza resta il punto focale di una comunità che qui si ritrova ogni primo lunedì del mese per celebrare la messa per i defunti oltre alle liturgie che accompagnano altre festività religiose durante l’anno. Recentemente è stata oggetto di un importante restauro grazie ai contributi della Regione Friuli Venezia Giulia, alla Banca delle Prealpi San Biagio, alla Banca della Marca, con la collaborazione della Pro Loco San Giovanni che aveva organizzato una raccolta fondi.

Un ultimo mio sguardo si perde piacevolmente all’interno dell’edificio, affascinata dagli affreschi che mi catapultano in un mondo lontano nel tempo ma vicino all’anima, grazie alla spiritualità intensa che essi sanno ispirare e diffondere come se trasudassero il profumo di una fede viva che incensa lo spirito di chiunque entri in questo edificio sacro.

Eccola la chiesa di San Giovanni di Livenza, uno delle innumerevoli gemme che splendono discrete nel nostro territorio, nascondendo tra i timidi riflessi l’inestimabile valore storico, religioso, artistico e sociale. Un legame quest’ultimo che si è consolidato nei secoli e che il passare degli anni non ha intaccato, ancorato a valori forti che la tradizione e la fede hanno consolidato, sfumando il confine tra due paesi e regioni nel fulcro di questa piccola chiesa che ha saputo raccogliere intorno a sé una comunità, vivace e pulsante tuttora nella sua semplice e genuina essenza.

Monia Pin

Ultimo aggiornamento: 26/04/2025 16:13