La morte del campione dei pesi massimi: George Foreman
di Emilio Del Bel Belluz
Questa mattina, appena sveglio, mi giungeva una telefonata del giornalista Gianluca Drusian che mi informava della morte del campione dei pesi massimi: il leggendario George Foreman. Non passò che qualche minuto e mi trovai come in un film indietro nel tempo ad una data che non avrei mai dimenticato: il 30 ottobre 1974. Ero un ragazzo di quindici anni che frequentava le scuole superiori al collegio Brandolini di Oderzo ed aveva dentro al cuore una grande passione: la boxe. La solitudine di abitare in un piccolo paesetto di campagna veniva lenita dalla passione per questo sport. Quella notte del 30 ottobre 1974, mentre tutti dormivano nella mia casa, io che non possedevo una sveglia, che mi chiamasse alle quattro di mattina, rimasi sveglio.
La passione per la boxe l’avevo ereditata dallo zio Gaetano, fratello di mio nonno, che si svegliava nel cuore della notte per assistere alle sfide di Nino Benvenuti e di altri pugili. Quella notte il sonno mi abbassava le palpebre, ma dovevo resistere. Per non dormire rileggevo i ritagli delle pagine dei giornali che per settimane avevano parlato dell’incontro. Sul tavolo avevo anche un quaderno dalla copertina rigida in cui avevo incollato degli articoli di giornale sui più grandi campioni della boxe. L’ultimo in ordine di tempo era Oscar Natalino Bonavena che aspirava a diventare pure lui campione del mondo e che nelle sue vene aveva sangue italiano. Poi avrei visto, di lì’ a poco, il match tra George Foreman, il campione del mondo dei pesi massimi, un colosso d’uomo e lo sfidante Mohammad Alì.
Nel 1974 la boxe era raccontata nelle pagine sportive dei maggiori quotidiani, con degli articoli molto estesi, e corredati da grandi fotografie. Nelle tante immagini si vedeva il fisico carneriano di George Foreman, con dei muscoli possenti, una capigliatura folta che sembrava scolpito dalle mani di uno scultore. George Foreman era il campione del Ko. Dall’altra parte, lo sfidante: il mitico Muhammad Alì che sembrava una vittima sacrificale. Quella notte, mentre stavo sempre in attesa dell’inizio dell’incontro del secolo, sentii il lamento di un uomo che chiedeva aiuto.
Uscii in strada e vidi il mio vicino di casa, Leone, un poeta amante del Leopardi, che era caduto a terra. Lo accompagnai a casa, perché aveva difficoltà a reggersi in piedi. Quella notte, subito dopo la canonica di Villanova, vidi una casa dove una luce si era accesa. Anche in quella famiglia qualcuno aveva pensato di vedere il combattimento.
La notte del 30 ottobre era fredda, la strada che ripercorsi per entrare in casa mi permise di vedere il fiume Livenza: non lo avevo mai ammirato mentre la luna si specchiava sulle sue acque. Il freddo mi diede una sferzata e, giunto a casa, accesi il televisore. Tra questi due campioni avrei voluto che vincesse il mio idolo che era Mohammad Alì, ma i pronostici erano contro di lui. Quella notte fu per me una delle più belle della mia vita. I due campioni si batterono, e vinse il mio idolo Mohammad Alì contro ogni previsione. Trionfava l’uomo che tutti o quasi tutti avevano dato per sfavorito.
Il mondo della boxe mi aveva dato la prima lezione di vita che non avrei mai dimenticato. Imparai che nella vita vince sempre l’uomo che crede in quello che fa, colui che mette tutte le sue energie nell’obiettivo che vuole raggiungere. Aveva vinto il campione della gente povera, quella gente che ambiva a raggiungere una meta nella vita. Il modo migliore per mettersi in gioco é sfidarsi puntando verso l’alto. Quella notte le stelle applaudirono il campione Alì, che aveva raggiunto il suo scopo. Lo sconfitto George Foreman era stato messo al tappeto all’ottavo round: era la sua prima sconfitta della carriera, quella che bruciava di più. In quella notte compresi che la felicità può durare solo un attimo, ma in quel momento il sole che c’é in noi, raggiunge il suo massimo splendore. In un suo libro, scritto con il cuore, Mohammad Alì diceva: “ Il vero successo non si raggiunge vincendo sempre, il vero successo arriva quando ci rialziamo dopo la caduta. Io sono grato per tutte le mie vittorie, ma sono particolarmente grato per le sconfitte, perché mi hanno costretto a lavorare più sodo. Nessuno parte mai dalla cima, devi arrivarci scalando. Con fatica.
Ci sono montagne più alte e strade più impervie di altre. Ci sono difficoltà e ostacoli, ma non puoi lasciare che ti fermino. Non devi fermarti mai, neanche davanti alla strada più ripida, devi tirare avanti e continuare a salire. Devi scalare ogni singola roccia per raggiungere la cima della montagna”.
Queste parole sono state per me come una strada da percorrere senza alcuna deviazione. George Foreman poco tempo dopo la sconfitta con Alì si ritirò dalla boxe, quella sconfitta lo aveva fatto rinchiudere in se stesso, e le ferite di quel Ko a Kinshasa guarirono solo dopo molti anni. George Foreman era nato a Marshall (Texas) il 22 gennaio del 1949. Fu campione olimpico dei massimi a Città del Messico nel 1968. Nella stessa olimpiade si guadagnò la medaglia di bronzo il nostro gigante Giorgio Bambini, che ci ha lasciato il 13 novembre 2015, quasi dieci anni fa. Il pugile Giorgio Bambini aveva un fisico molto simile a quello di George Foreman, e dovette interrompere la sua carriera pugilistica per problemi agli occhi, insorti durante un allenamento con il campione italiano Bepi Ros. George Foreman debuttò nel professionismo il 25 giugno del 1969 a New York, battendo in quell’occasione Gus Walheim per Ko al 3° round. Nel corso della sua carriera di pugile aveva disputato quattro incontri per il titolo mondiale dei massimi. Aveva battuto per ko il detentore del titolo Frazier al secondo round.
Nella sua prima difesa aveva steso con un formidabile Ko il pugile Roman , e il 26 Marzo 1974 aveva battuto Norton per Ko al 2° round. Il titolo lo perdette davanti a migliaia di persone a Kinshasa nello Zaire, dove ebbe la peggio su Alì’. Dopo molti anni di inattività, quello che accade dopo ha dello stupefacente: il campione Foreman tolse dal muro i guantoni e li rindossò. Ritornò a combattere nel 1988, erano passati 14 anni dalla sconfitta patita con Alì. La sua carriera riprese e per la seconda volta combatté con un pugile italiano: si trattava del campione italiano Guido Trane e lo batté in cinque riprese. George Foreman lo elogiò per il modo in cui si era battuto. Non si sa se George Foreman avesse letto il libro di Mohammed Alì, in cui scriveva: “ Costruisci le tue fondamenta sulla fede. Ci saranno difficoltà nella vita. Ci saranno sfide e ostacoli. Ci saranno momenti in cui ti sembrerà che gli ostacoli sono insuperabili. Ed é allora che dovrai essere forte. Se subirai pregiudizi e ingiustizie, tieni alta la testa e aperto il cuore.
L’amarezza può solo indebolirti. Non permettere che la rabbia ti consumi, non lasciare che il risentimento ti entri nel cuore. Ti appesantirebbe solamente”. Il pugile che era stato sconfitto da Alì nello Zaire, riconquistò il titolo mondiale nel 1994 dei pesi massimi. Sulla sua tomba, ora che ci ha lasciati, vorrei scrivere : “ Seguire il sentiero percorso dai grandi uomini è già un onore per pochi privilegiati. Ma aprire una propria strada andando oltre i propri limiti, è un tributo alla grandezza che pochi uomini verranno “. Il campione che ci ha abbandonato ora si riunirà al grande Alì.
Emilio Del Bel Belluz