Lucida analisi di un conflitto che ci coinvolge
NERVESA DELLA BATTAGLIA - Sabato 21 dicembre presso la biblioteca comunale, ospiti del sindaco Mara Fontebasso e dell’assessore Matteo Bernardel, ho avuto il piacere di presentare il saggio di Maurizio Boni: “La guerra russo-ucraina. Strategie e percezioni di un conflitto intraeuropeo”. Il Cerchio 2024. L’evento è parte della Rassegna letteraria “Scenari in Movimento”. L’editore Adolfo Morganti, ha spiegato che l’opera di Boni è parte della collana: “I Saggi di Domus Europa”, una serie di pubblicazioni dedicati all’Europa, come soggetto geopolitico e identitario.
Per comprendere e apprezzare il saggio di Boni è utile una premessa sull’importanza del conflitto russo-ucraino nello scenario internazionale e sulle sue caratteristiche intrinseche.
Il conflitto russo-ucraino e il primo conflitto ad alta intensità combattuto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Dalla fine della Guerra fredda (1991) le potenze europee sono state impegnate in conflitti regionali, territorialmente ciroscritti (Medio Oriente, Balcani, ecc.) e a bassa intensità (combattuti impiegando un numero limitato di uomini e di mezzi). Conflitti asimmetrici, come lo scontro tra eserciti regolari e bande di terroristi o insorgenti (Iraq e Afghanistan); o tra nazioni dove enorme era il divario di forza tra i belligeranti (Kosovo, Iraq, Libia). La dottrina militare aveva individuato in questo tipo di conflitti le guerre del futuro (next generation warfare). Il conflitto russo - ucraino modifica lo scenario internazionale post Guerra fredda; ritorna il conflitto ad alta intensità, con gli enormi costi economici e sociali che impone ai belligeranti e la dimensione globale dello stesso.
L’Europa non è preparata ad affrontare un conflitto ad alta intensità: mancano i giovani da sacrificare al fronte, un’industria bellica capace di produrre l’elevato numero di armi e di munizioni che tale tipo di conflitto richiede. Inoltre, i popoli europei non sono disposti a sopportare le conseguenze di un conflitto che li coinvolga direttamente: il bombardamento delle città, l’interruzione dei servizi essenziali (comunicazioni, energia, acqua, sanità) la limitazione della libertà (la censura, la sospensione delle elezioni, il coprifuoco) l’adozione di economia di guerra (i tagli alla spesa sociale e ai consumi, i costi legati alla conversione delle imprese). La senile Europa vuole continuare a vivere in pace e spegnersi lentamente nell’opulenza e nella decadenza (shopping, apericena, gay pride). Le uniche guerre che l’Europa è disposta a combattere sono i conflitti a bassa intensità; che con spudorata ipocrisia sono definiti “interventi umanitari” o “operazioni di polizia internazionale”. Conflitti combattuti fuori dai nostri confini e dove a morire sono “altri”.
Il conflitto russo-ucraino ci coinvolge anche se indirettamente. Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Italia insieme ad altri Paesi della Nato è di fatto in guerra con la Russia. Armiamo Kiev, che con i nostri missili colpisce il territorio russo; e con le sanzioni cerchiamo di far crollare l’economia russa, i risultati sono scarsi ma elevati i danni alla nostra economia. Eppure la Russia ha aggredito l’Ucraina, non l’Europa e nemmeno un Paese aderente alla Nato. La Russia era per l’Italia un fedele alleato nella lotta al terrorismo islamico e un ottimo partner commerciale, che ci forniva il gas a basso costo. Aggredire la Russia è stata una scelta strategica contraria ai nostri interessi nazionali dei quali non abbiamo contezza e non sappiamo difendere; come “servi sciocchi” seguiamo passivamente la politica dell’egemone americano e costringiamo i nostri soldati a fare da “ascari” in conflitti che altri hanno deciso. Crediamo che gli interessi altrui coincidano con i nostri e speriamo che la nostra sudditanza sia in qualche modo premiata. Non è una questione di destra o di sinistra ma di visione politica e dignità nazionale. Vi ricordate la Libia di Gheddafi e la sua caduta?
Il conflitto russo ucraino è un tassello fondamentale della Guerra grande, il conflitto che deciderà il futuro degli Stati Uniti come potenza egemone e i nuovi equilibri internazionali. Discorso analogo vale per il conflitto arabo-israeliano, l’instabilità del continente africano e il confronto sino-americano nel Pacifico. Un mondo in ebollizione pronto ad esplodere in una Terza guerra mondiale dagli esiti catastrofici? Oppure un mondo destinato a stabilizzarsi in un nuovo ordine mondiale anche a costo di sanguinosi conflitti? Lo vederemo in futuro.
Il libro di Boni analizza l’aspetto militare dell’intervento russo in Ucraina: i principi che l’hanno ispirato, i punti di forza e di debolezza dell’esercito russo, le fasi principali del conflitto.
Il saggio di Boni parte dall’analisi della “guerra delle informazioni” elemento fondamentale della guerra ibrida. Le notizie e il modo in cui sono diffuse giocano un ruolo importante in ogni conflitto, condizionano i sentimenti dell’opinione pubblica e le decisioni dei vertici politici e militari. Informazioni che provengono da svariate fonti: i tradizionali mezzi di informazione, spesso faziosi o incompetenti; gli centri studi e analisti indipendenti; i bloggers militari, soldati che con il loro telefonino filmano la realtà del conflitto; i centri studi creati per sostenere una determinato progetto politico. Centri studi che sono emanazione o che lavorano per gli apparati di potere, come il Project for the New American Century (PNAC) di Bill Kristol. Infine, notizie di carattere militare che in passato erano tenute segrete, oggi grazie alla “desclassificazione strategia” sono rese pubbliche: l’andamento del conflitto, i piani militari, gli errori dei vertici politici e militari. Una scelta che per Boni non è casuale: serve a manipolare la realtà in funzione di determinati fini; o per denunciare l’inettitudine e la corruzione dei propri vertici politici e militari (vedi il caso Prighozin).
L’opera di Boni individua nella dottrina Gerasimov e nella dottrina Primakov i riferimenti tattici e strategici degli interventi russi dalla fine della Guerra fredda ad oggi (capitolo III).
Il generale Valery Gerasimov (Kazan 8/9/1955) vedeva nella guerra ibrida lo strumento più idoneo per affrontare i conflitti del futuro. Conflitti asimmetrici e a bassa intensità, come quelli combattuti dai Paesi della Nato dopo la fine della Guerra fredda. La guerra ibrida è una strategia militare che all’uso delle armi tradizionali associa strumenti che armi non sono (attacchi informatici, sanzioni economiche, la disinformazione mediatica, ecc.) e come forza combattente impiega sopratutto milizie paramilitari (Houthi, Hamas, Hezbollah, i miliziani filorussi) o società militari private (Wagner, Blackwater, ecc.).
Evgenij Primakov (Kiev 29/10/1929 - Mosca 26/6/2015) ex ministro degli esteri, sosteneva il progetto di un mondo multipolare composto di potenze egemoni ognuna con una propria sfera di influenza. Per la Russia la sfera di influenza doveva coincidere con l’ex spazio sovietico e sopratutto con quei Paesi dell’ ex Unione Sovietica che con la Russia confinano e ne definiscono la profondità strategica: Ucraina, Georgia, Caucaso, Kazakistan, ecc. Per Primakov l’egemonia russa sull’ex spazio sovietico andava mantenuta contrastando l’allargamento ad est della Nato e sviluppando il partenariato tra la Russia e le ex repubbliche sovietiche. Non a caso, il conflitto russo-ucraino nasce come conseguenza dell'allargamento a est della Nato e dalla decisione dell’Ucraina di sottrarsi alla sfera di influenza russa. In Ucraina nel 2014 scoppia la rivolta di piazza Maidan che porterà alla caduta del governo filorusso di Viktor Janukovic. La risposta di Mosca non si fa attendere: il 19 marzo 2014 annette la Crimea dopo averla militarmente occupata; il 6 aprile 2014 scatena la guerra in Donbass impiegando le milizie locali. Nel 2019 il parlamento ucraino modifica la Costituzione stabilendo l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea e alla Nato (art. 85). Dal 2014 al 2022, Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada armano e addestrano l’esercito ucraino per renderlo compatibile con la dottrina della Nato (Maurizio Boni: “Op. cit.” p.136). Il 24 febbraio 2022 Mosca invade l’Ucraina convinta che solo con la guerra potrà riportare Kiev nell’orbita russa e fermare l’allargamento a est della Nato.
Boni nel capitolo VI, spiega che l’invasione dell’Ucraina, doveva essere per Mosca una guerra lampo e bassa intensità, come la conquista della Crimea e l’intervento in Donbass.
Non sarà così, la coraggiosa resistenza ucraina sostenuta dalla Nato coinvolgerà Mosca in un conflitto ad alta intensità. La convinzione di combattere una guerra lampo indurrà Mosca ad affronta l’invasione senza predisporre di un piano B: una adeguata logistica, un efficace sistema di linee difensive, la copertura aerea e una forza sufficiente per invadere il Paese. La teoria militare occidentale prevede che una forza di invasione per avere successo deve rispettare il rapporto di 20 soldati per ogni 1000 abitanti del Paese invaso; Mosca invade l’Ucraina con circa 190 mila soldati, con un rapporto di circa 4/1000, ne avrebbe dovuto inviare almeno 880 mila; all'incirca l’equivalente dell’intero esercito russo al tempo dell’invasione. Il fallimento della guerra lampo, costringerà Mosca a modificare in breve tempo e in pieno conflitto il proprio piano di guerra: la logistica, le direttive di attacco, le linee di difesa a protezione del territorio conquistato e dei propri confini, l’entità dell’impegno bellico. La mancanza di un piano B e la necessità di porvi rimedio in tempi brevi sarà la causa principale degli insuccessi russi.
Boni individua i limiti della funzione comando e controllo (C2 in gergo militare) dell’esercito russo. Nell’esercito russo i vertici politici guardano con diffidenza quelli militari e i comandanti spesso mancano di spirito di iniziativa. Putin decise di invadere l’Ucraina senza designare un comandante dell’operazione (comando strategico); che rimase sotto la sua direzione fino all’aprile del 2022, quando il fallimento della presa di Kiev impose a Putin di affidare al generale Alexander Dvornikov il comando delle operazioni. La Russia è sempre stata governata da regimi autoritari: prima zarista, poi sovietico e ora putiniano. Nei regimi autoritari il potere non prevede delega, anche quando necessaria come in caso di guerra (vedi il rapporto tra Stalin e il generale Zhukov); inoltre, nei regimi autoritari i cittadini sono educati all’obbedienza e non ad agire autonomamente.
Boni sostiene che il ruolo del comparto militare-industriale è determinante in tutti i conflitti di epoca moderna (capitolo VI). A vincere sono i Paesi che dispongono del maggior numero di uomini e di mezzi da impiegare e scarificare in battaglia; significativi sono gli esempi della Guerra di secessione americana e le due Guerre mondiali. Tale regola non si applica a quei conflitti dove una forza occupante si scontra con una logorante guerriglia (Vietnam, Afghanistan, Iraq, ecc.). La Russia rispetto all’Ucraina dispone di un potente apparato militare-industriale, sostenuto e creato grazie ad un ampia dotazione di infrastrutture, ingenti investimenti statali e un rigido controllo governativo sulla produzione bellica. Di contro, l’Ucraina può contare su un sistema più potente di comunicazione e di spionaggio; la rete satellitare Starlink di Elon Musk, 6000 satelliti oltre la metà di quelli in orbita intorno alla terra. Tutta tecnologia al servizio della Nato e dei suoi alleati.
Nel saggio di Boni descrive le principali fasi del conflitto russo-ucraino (capitolo VIII). La fase dell’invasione, iniziata il 22 febbraio del 2022 e conclusasi il mese successivo con il fallimento della “guerra lampo. La fase del riposizionamento e consolidamento delle truppe russe nel Donbass e nella parte sud orientale dell’Ucraina dove attualmente i russi avanzano e hanno creato una efficace sistema difensivo a protezione dei territori occupati. La fase dell’eroica ma fallimentare offensiva ucraina (giugno 2023) che non poteva riuscire per mancanza di uomini e di mezzi. La fase dell’incursione di Kursk (agosto 2024) l’effetto mediatico è enorme, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale il suolo russo è violato. Kiev aprendo un nuovo fronte sperava: di contenere l’avanzata russa nel Donbass, ottenere una conquista territoriale da portare al tavolo delle trattative con Mosca e nuovi aiuti dagli alleati. In realtà le cose stanno andando diversamente: i russi continuano ad avanzare nel Donbass, il territorio occupato da Kiev è minimo e strategicamente insignificante per pesare nelle trattative, le truppe ucraine impegnate a Kursk non possono contribuire a contenere l’avanzata russa nel Donbass e ora rischiano l'accerchiamento.
La prossima fase del conflitto dovrebbe essere quella finale. Difficile immaginare che la guerra possa continuare ancora per molto: nessuna delle parti può sperare di prevalere sull’altra ottenendo tutto ciò che vuole; e nemmeno sostenere a lungo i costi economici ed umani della guerra. Inoltre, il conflitto non stanca solo i diretti belligeranti ma anche altri Paesi che ne sono coinvolti (Europa, Stati Uniti e Cina); stanchi di sostenere i costi economici della guerra e l’instabilità geopolitica che ne deriva. Per tali ragioni il conflitto dovrebbe concludersi nel 2025, a patto che Russia e Stati Uniti raggiungano un accordo. Trump ha promesso di far cessare la guerra in pochi giorni. Attendiamo fiduciosi il “miracolo” ma intanto in Ucraina si muore.
Giorgio Da Gai