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Quando la musica esprime la forza della sua essenza, nell’incontro tra l’invisibile e l’anima

di Monia Pin

Intervista al M° Paolo Tagliamento

In una mattina di fine estate, mentre la pioggia ritma con tenerezza gli attimi che si susseguono frettolosi, il tempo sembra fermarsi per un po’, preludendo con quel tono semplice l’incontro con un musicista di fama internazionale, il Maestro Paolo Tagliamento. Ho avuto modo di assistere ad alcuni suoi concerti, i suoi modi garbati quanto delicati svelano una personalità legata a dei valori morali e intellettuali, qualità ai nostri giorni quasi desuete, ma che affiorano con determinazione nel suo modo di interpretare magistralmente con il violino brani impressi per sempre nella storia della musica.

Su Paolo Tagliamento ci sarebbe molto da dire e raccontare. Originario di Conegliano, ha un vasto curriculum nonostante la sua giovane età, contando molte partecipazioni a festival e stagioni internazionali, collaborazioni con orchestre di vari Paesi e altri musicisti, nonché diversi riconoscimenti. Tra i tanti il terzo premio conquistato nel maggio 2023 come Trio Michelangeli all' Osaka International Chamber Music Competition.

Ricordiamo che la sua carriera, alquanto precoce, lo ha visto diplomarsi a quindici anni con 10, lode e menzione speciale al Conservatorio "G. Verdi” di Milano e nel 2015 si è aggiudicato il Primo Premio al Concorso Internazionale di Violino "Premio Rodolfo Lipizer" di Gorizia, divenendo così il primo ed unico vincitore italiano nella storia del concorso dal 1982.

Quando e come ha mosso i primi passi nel mondo della musica? Come mai ha scelto il violino?
Tutto è cominciato fin dall’infanzia, quando per la prima volta ho sentito il suono del violino, sia dai CD che dal vivo. Un giorno ho assistito ad un concerto di arpe celtiche accompagnate da un violino, in Piazza Cima a Conegliano, e ne sono rimasto colpito. E’ stato allora che ho espresso ai miei genitori il desiderio di suonare. Ho iniziato seguendo lezioni di pianoforte, passando poco dopo al violino. Mi consigliarono di rivolgermi al Maestro Angelo Lovat, all’epoca insegnante alla scuola di Rua di San Pietro di Feletto.
Dopo circa un anno e mezzo ho cominciato a frequentare l'Accademia di Santa Cecilia a Portogruaro, guidato dalla professoressa Maria Caterina Carlini; con lei ho proseguito la formazione che mi ha portato al diploma. Successivamente ho frequentato per un anno le lezioni del Maestro Salvatore Accardo a Siena e a Cremona.

Lei ha frequentato prestigiose scuole internazionali, quanto hanno influito sulla sua formazione artistica?
Hanno influito moltissimo, è stato un percorso importante ma anche molto impegnativo, sia per le mie aspettative che per quelle che gli altri avevano nei miei confronti. Era necessario dimostrare di aver fatto progressi continui e di un certo livello a professori di alta caratura, i quali pretendevano ovviamente il massimo. A questo ero già abituato con la mia precedente insegnante.
L’ambiente, soprattutto in Spagna, a Madrid, era di un certo spessore. Frequentavo la “Escuela Superior de Música Reina Sofía” ed ero seguito dalla Prof.ssa Ana Chumachenco, un’eminente violinista internazionale, nata a Padova ma di origini russo-ucraine. Durante la settimana eravamo seguiti da un’assistente che teneva delle lezioni, ma lei veniva ogni mese a verificare i nostri progressi. Con lei ho proseguito il perfezionamento degli studi alla “Hochschule für Musik und Theater” di Monaco di Baviera; lì non avevamo il supporto settimanale e questo richiedeva maggiore attenzione e disciplina, ci si autogestiva, correggendosi e migliorandosi in modo da mantenere un grado eccellente prima di presentarsi davanti alla professoressa.

A Madrid c’era un’atmosfera generale forse più bella ed entusiasmante, la giornata trascorreva tra la scuola e le strade di Madrid. Condividevamo praticamente tutto insieme, andando spesso a concerti e vivendo la città con le sue strade, i suoi parchi, il suo sole, come una piccola grande famiglia musicale Uno stile di vita elettrizzante, forse troppo mondano per certi versi. Monaco però mi ha dato similmente grande ispirazione, in una fase completamente diversa, più calma e riflessiva, in un ambiente antropologicamente molto differente, ma di grandissime proposte musicali. Ho amato entrambi i luoghi, forse maggiormente Monaco, avendoci vissuto più anni. Poi ho scelto di tornare in Italia quest’anno.

Quali sensazioni percepisce quando è a contatto con il pubblico e cosa intende trasmettere alle persone?
Con il pubblico si crea un legame stretto e un grande coinvolgimento personale, soprattutto quando dimostra di essere attento e risponde alla passione che viene trasmessa durante l’esibizione. Le persone vanno comunque conquistate, non deve mai mancare l’entusiasmo e ci si impegna in ogni caso a suonare ai massimi livelli, per attrarli e renderli partecipi di un momento musicale che suscita un reciproco scambio di emozioni.
Io cerco di comunicare l’idea che sta alla base di un brano. Ciò che una composizione vuole esprimere, da un lato è evidente, lo si intuisce dallo stile e da come il compositore ha scritto l’opera, dall’altro però resta il mistero di ciò che lo stesso intendeva manifestare tra le note. L'emozione che un brano può infondere nasce dall’interazione, principalmente, di tre elementi: lo stato d’animo di chi l’ha composto, i sentimenti di chi lo esegue e lo stato emotivo di chi ascolta.

La musica classica attrae ancora le persone?
Il pubblico è sempre presente ai concerti, meno forse che in epoche passate, ma dipende anche da città a città. La bella musica ha una enorme forza attrattiva, anche se sta subendo la contaminazione di altri "generi"; specifico però che, il concetto di musica "classica” non esiste. Si tratta di un inganno semantico, come in altri ambiti. C’è semplicemente la musica, come armonia del bello. E il bello è educativo, fa bene alle anime, secondo il detto greco del kalós kái agathós (bello e moralmente buono). Se una è classica, allora l’altra è non-classica, o rivoluzionaria? Esiste quindi la musica e la non-musica. Infatti, oggigiorno purtroppo si tende a denominare musica anche ciò che in realtà non lo è. Esistono piuttosto le epoche musicali e gli stili. E poi abbiamo la musica per ogni situazione. Degli esempi: musica medievale, rinascimentale, barocca, romantica, da chiesa, da salotto, e così via... Poi abbiamo musica drammatica, comica, cameristica, sinfonica, le serenate, le ballate, le canzoni d’amore o di battaglia, sigle di trasmissioni musicali radiofoniche o televisive, colonne musicali di film. E tutte possono essere autentici capolavori, nel loro genere, purché trasmettano bellezza. Anche ai nostri tempi ci sono belle composizioni, ma più difficilmente vengono alla luce. Preferiamo vivere del passato, forse perché non siamo più in grado di eguagliarlo?

Perché dei suoni messi insieme si possano definire musica, devono soddisfare dei parametri piuttosto chiari e specifici. Dico solo questo: l’arte è lo splendore del vero, come diceva Platone. Dunque deve trasmettere il bello, un’emozione estetica che scaldi il cuore dell’uomo e che lo faccia vibrare.

Lei ha collaborato con diversi musicisti e orchestre, ce ne può parlare e ne ha in programma altre per il futuro?
L'anno scorso sono stato a Caracas con i ragazzi dell’Orchestra Sinfonica Nazionale del “Sistema”. E’ stata un’esperienza che mi ha segnato profondamente.
Dal 2019 collaboro con il noto chitarrista Massimo Scattolin, con concerti in Italia, Australia e Germania, oltre a incisioni discografiche.
Continua la collaborazione con il direttore Andrea Marcon. Con lui quest’anno ho realizzato un bellissimo tour mozartiano e abbiamo in previsione un concerto barocco a dicembre Seguiranno altri progetti che ora non svelo.

Come vede lei il futuro della musica? Quale consiglio darebbe ai giovani che desiderano avvicinarsi a questo mondo?
Spero e penso che la musica non scomparirà del tutto dalla scena sociale, anche se diventa sempre più marginale nella società moderna. Non è certamente mai stata un fenomeno di massa neppure in passato, ma la bella musica in genere rivestiva un ruolo predominante nell’ambito dell’intrattenimento. Adesso l’offerta di “distrazioni/divertimenti” per il tempo libero è molto più ampia.

Va ricordato che un tempo la musica, come ogni arte, era inserita nella società con dei fini ben definiti e aveva una sua funzione sociale, come accennavo sopra. Musica liturgica e sacra per la chiesa, musica di corte, per i salotti e perfino quella per la guerra. Ora la musica si ascolta solo nei concerti, ma non accompagna più i vari momenti della vita come nel passato.
Dobbiamo tenere conto, come dicevo, della contaminazione con altri "generi", e queste influenze si intuiscono dalle interpretazioni di oggigiorno, comportando uno svilimento generale. Questo accade anche a causa del fatto che pure nella scena musicale le ragioni del mercato hanno il predominio sullo spirito di fare musica per passione o per un ideale più elevato. Le belle arti, a livello globale, faticano a trovare spazio perché la società non ne riconosce il valore intrinseco, e la causa principale è l’aver perduto il contatto con il trascendente ed il divino, che sono in esse.

Ai giovani che vogliano avvicinarsi a quest'arte, consiglio di cominciare, e, se si vuole davvero riuscire e raggiungere l’obiettivo, di seguire un percorso formativo con molta disciplina, qualsiasi sia lo strumento che scelgono. Non devono scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, ma proseguire ed essere consci del fatto che ne vale la pena; oltre alle soddisfazioni personali, riusciranno ad acquisire nella vita una maggiore capacità di discernimento in materia di bellezza.

Ho letto che durante i concerti tenuti in Australia si è esibito anche come tenore, può parlarcene?
Sto studiando canto da un po’ di tempo e quando ero in Australia ho deciso di fare diciamo il debutto col pubblico, anche se con solo un paio d'arie. Una sorpresa per il pubblico e una sfida con me stesso. L’esordio è avvenuto durante due concerti, uno si è tenuto a Sydney, accompagnato dal pianoforte, e il secondo a Brisbane con il M° Scattolin. E’ stato divertente.

Lei è una persona molto credente, quanto ha contato e quanto conta la fede nella sua vita?
Preferisco dire solo credente. Non si può credere un pochino o molto, o si crede, o non si crede. Penso che lo stimolo alla Fede sia sempre stato presente, seppur più "inconsciamente", nella mia vita, ma questa è diventata vera negli ultimi anni. Posso dire che ha cambiato la mia prospettiva nel vedere ogni cosa, anche nella mia attività di musicista. Ho mutato in maniera più profonda sia la mia attitudine verso questa forma d’arte, sia lo spirito con cui la porto avanti.

La Fede mi ha aiutato a conoscere intimamente il ruolo che la musica riveste nella mia esistenza, così ora non la vedo più come uno scopo di vita, ma come un mezzo. Prima di questa presa di coscienza ero costantemente preoccupato di non fare mai abbastanza, c’era frustrazione dovuta alle difficoltà che incontravo e alle aspettative di dover sempre essere ai massimi livelli. Cosa quest’ultima professionalmente giusta, ma d’altro canto ho realizzato che non aveva più veramente senso soffrire per la musica, se non come dedizione all'arte. Ora, se un concerto non va pienamente secondo le attese e rimango insoddisfatto, pur ottenendo un pieno successo, non mi sento oppresso dall’ansia e non la vedo più come una tragedia o una sconfitta. Mi sono sentito finalmente libero e affronto tutto con più serenità.



La musica diventa mezzo e non scopo, come dice il Maestro Paolo Tagliamento, e lo si comprende assistendo ad uno dei suoi concerti. Quando l'archetto sfiora le corde del violino si compie uno di quei prodigi rari di questi tempi, ci si sente sottratti dal mondo materiale in cui viviamo per raggiungere le alte vette di una spiritualità ardente, viva e pronta a farci conoscere, tra le note, l'armonia che unisce tutto e tutti nella sacralità della vita. Ascoltarlo è come fare un profondo respiro e rimanervi dentro in un attimo che pare eterno, entrando in contatto con un mondo invisibile dove con sensibilità emerge, forte e limpida, la nostra essenza interiore. 

La sua volontà di restituire alla musica il suo ruolo originale, si rivela nella sua determinazione e convinzione personale, nei forti principi in cui crede e che fluttua tra le note per provare a portare anche noi in quella dimensione eterea, dove l’alta espressione di un singolo diventa spazio infinito dove tutti possono ritrovare la capacità di sentirsi autentici e liberi. Ringraziamo il Maestro Paolo Tagliamento per donarci l’eccellenza della musica, uno dei linguaggi universali che sa parlarci di mistero e armonia, di sentimenti e simboli, tradotti negli spartiti di opere che hanno attraversato i secoli e che, grazie al suo straordinario talento, sanno ancora manifestare alle nostre anime la sacralità di una bellezza assoluta.

Monia Pin

Ultimo aggiornamento: 13/11/2025 14:27