Treviso, Vittorio Veneto

Simona e Regina, due anime una sola dimora

di Monia Pin

ANZANO DI CAPPELLA MAGGIORE (TV) - Neppure il grigiore di novembre spegne il mio entusiasmo che mi spinge ad approfondire la conoscenza di luoghi e persone che in qualche modo hanno segnato e continuano a rendere il nostro territorio una fonte inesauribile di scoperte. Giungo ad Anzano di Cappella Maggiore a Casa Regina, il motivo del nome poi ve lo svelerò cammin facendo, entrando in punta di piedi nella storia di una persona sconosciuta ai più.

La casa appare in tutta la sua magnificenza, con la facciata imponente che sembra inglobarsi alla perfezione nella montagna e contemporaneamente spicca la raffinatezza degli affreschi leggeri, tinta pastello che ornano con garbo e grazia l’edificio. L’ideale è accedere alla casa salendo dalla vecchia scalinata, percorrendo quegli scalini scalfiti dagli innumerevoli passi susseguitisi incessantemente e che segnavano il punto d’arrivo per chi cercava e trovava sollievo e conforto. Chissà, la moltitudine di persone che ha attraversato questo incantevole passaggio avrà percepito la stessa energia che emana ancor oggi e che persiste anche all’interno dell’abitazione dove visse Regina, luogo che fu la cornice perfetta alla realizzazione piena della sua esistenza, grazie alla sua ferrea volontà di donare benessere al prossimo con l’umiltà e la determinazione che la contraddistinse.

Mi accoglie sulla soglia di “Casa Regina” Simona Magagnin, con fare cordiale e sorridente mentre il profumo dell’incenso evoca ricordi lontani che a poco a poco ti invitano ad approcciarti a qualcosa di ignoto e che senti ancora pulsare tra le mura e nel volto rasserenante di Simona.

COME E' INIZIATO TUTTO...
Simona come è iniziato tutto Simona? Come hai conosciuto la storia di Regina?
Premetto che per diciannove anni ho insegnato alla scuola primaria e provengo quindi da una formazione umanistica e pedagogica, poi per una mia volontà di crescita personale ho seguito altri percorsi formativi, approfondendo maggiormente psicologia e filosofia che già facevano parte dei miei studi precedenti. Mi sono focalizzata sull’essere umano nel suo complesso, percorrendo il sentiero che porta ad una visione olistica della persona. La vita poi sembra abbia assecondato questo mio proposito, io e mio marito siamo venuti a vivere qui nella casa a fianco otto anni fa e successivamente ci siamo interessati a questa casa. Dopo una prima visita e aver sentito il nome di questa “Regina” non meglio identificata, siamo ritornati salendo proprio dalla scalinata in quanto l’ingresso dalla strada provinciale era ostruito da una frana. Appena sono salita accedendo alla proprietà da questo accesso così suggestivo sentivo quasi le pietre parlarmi, mi trasmettevano una carica potente e mi è sorta la curiosità di sapere chi fosse la prima proprietaria scoprendo poi il suo nome per intero, Regina Dal Cin.

L’edificio è passato di proprietario in proprietario e infine suddiviso in alcune unità abitative. Inizialmente siamo diventati custodi e poi proprietari del primo piano pianoterra, divenuto in un secondo momento la sede del centro olistico “Casa Regina”, ma mancava l’accesso dalla strada provinciale e anche in questo caso io e mio marito ci siamo presi carico di riaprirlo, non senza difficoltà burocratiche ed un notevole impegno economico. Certo è stato un lavoro utile per accedere all’abitazione con l’auto, ma riaprire questo varco ha significato anche sbloccare il flusso di energia del posto affinché la casa ritrovasse la sua funzione originaria, essere il fulcro di momenti di conforto e condivisione e far si che tornasse ad essere parte della vita comunitaria come lo era in passato, un punto di accoglienza e di ascolto.

REGINA DAL CIN , UNA STORIA MAI DIMENTICATA
Chi era veramente Regina Dal Cin?
Regina dal Cin, nata Marchesin, proveniva dalla frazione di Cosniga a San Vendemiano e poi si era trasferita ad Anzano. Aveva avuto quattro figli, tre bambine mancate in tenera età ed un figlio che divenne prete ma morì precocemente a trent’anni. Alla sua morte quasi tutti i suoi averi andarono alla Chiesa tanto che all’interno del Seminario Vescovile le è stata dedicata una delle quattro lapidi in pietra riservate ai benefattori. Era una donna di mentalità aperta, tenace, salda nei suoi propositi e con le idee chiare sul da farsi. La sua determinazione nel curare nel migliore dei modi offrendo un alloggio confortevole agli ospiti la portò ad ampliare questa casa, abbellendola (anche se molti affreschi sono andati perduti) e trasformandola in una clinica privata dove affluivano persone da ogni parte d’Europa. Regina era quella che oggigiorno si può definire “osteopata” anche se intendo il suo “dono” da una prospettiva più ampia che prevedeva la cura corpo-mente-spirito, e questo non le risparmiò attacchi da parte della comunità scientifica e delle autorità tanto da doversi difendere in tribunale, uscendone poi a testa alta e ottenendo l’autorizzazione ad esercitare la sua attività. Aveva una inusuale capacità di connessione profonda con sé stessa ed il prossimo, qualità che difese con vigore tanto da affermare che nonostante tutto lei avrebbe “operato fino alla morte”. 

Come recita la lapide posta esternamente alla chiesa di Anzano lei fu “in due mondi ammirata” in quanto oltre ad aver ottenuto eccellenti risultati presso diversi ospedali italiani ed europei, si recò anche negli Stati Uniti. Prestava la sua opera con estrema disponibilità e generosità, non pretendendo nulla se non compensi commisurati alla disponibilità economica delle persone.

La figura di Regina Cin ebbe influenza sul suo paese, Cappella Maggiore?
L’importanza che acquisì negli anni la fece diventare un vero e proprio punto di riferimento per portare a risoluzione la lussazione del femore (specie quella congenita dichiarata dalla medicina dell’epoca “non riducibile”) tanto da ricevere attestati di stima di medici di fama nazionale e da essere chiamata da alcuni nosocomi, tra cui quello di Trieste dove praticò la sua “arte” medica al cospetto di illustri chirurghi. Le sue qualità emersero in un tempo in cui la medicina ufficiale riprendeva a interessarsi alle pratiche manuali, disprezzate a partire dal Grande Scisma. Fino ad allora erano i guaritori del popolo, gli
aggiusta-ossa, spesso additati come ciarlatani, l’unica salvezza per la povera gente, e Regina era una di essi.

Non si potevano negare le tante benevole testimonianze che attestavano la sua abilità nonostante la sua mancanza di istruzione, ma grazie al suo particolare “dono” concesse a molte persone di risolvere anche casi definiti “impossibili”, permettendo a molti di tornare ad una vita normale. A partire dal 1881 molte Gazzette e riviste scientifiche d’Italia e d’Europa le dedicarono degli articoli. La sua notorietà era tale che l’arrivo massiccio di così tante persone portò ad una certa vitalità economica a Cappella Maggiore e nei paesi limitrofi, tanto da indurre perfino il Sindaco di Vittorio Veneto a chiedere ai privati di concedere ospitalità ai malati in quanto negli alberghi i posti erano esauriti.

REGINA E SIMONA, DUE VITE CHE SI INCROCIANO 
Quanto ha influito nella tua vita la presenza di Regina?
Lei ha avuto un impatto su fortissimo di me, cambiando al meglio la mia vita e trasmettendomi la passione per la ricerca e la predisposizione alla cura degli altri tanto da sentirmi la sua erede spirituale. Ho cominciato con semplici attività poi, presa dall’entusiasmo, ho lasciato il lavoro come insegnante per procedere su un nuovo sentiero di vita che sembra scorrere in parallelo con quello di Regina. E’ come seguire dei piccoli indizi che mi orientano sulla mappa della vita e mi portano poco a poco verso la verità, su di me e sul mondo che mi circonda. Spiritualmente mi sento custode della sua memoria, come lei mi metto a servizio degli altri, nel mio caso attraverso trattamenti, massaggi, sedute come facilitatrice nella relazione d’aiuto. Ho conseguito le competenze professionali presso la scuola di Ccms fondata dalla dottoressa belga Marie Noelle Urech imparando a lavorare sul corpo e nell’ambito emozionale e quindi sulle energie sottili, portando le persone a risolvere e sbloccare diverse problematiche attraverso il dialogo, l’ascolto e l’empatia.

Cosa si intende per trattamento olistico?
L’approccio olistico si rifà ad un vero e proprio pensiero che vede corpo-mente-spirito come un’unica entità così da individuare meglio l’origine della sofferenza che affligge una persona. Naturalmente da parte della persona stessa ci deve essere collaborazione, una grande forza di volontà che passa attraverso l’ascolto in profondità del proprio corpo e dello stato d’animo, rendendoci responsabili verso noi stessi. Questo non va a soppiantare diagnosi e percorsi di cura dei medici, anch’io personalmente ho affrontato un momento nel quale la presenza di medici qualificati e preparati mi ha rimesso in sesto, ma potrebbe essere vista come un’integrazione tra l’una e l’altra metodologia, come Regina con estrema intelligenza ha sempre affermato e portato avanti, collaborando essa stessa con molti medici. Spesso a chi si rivolge a me, dopo un trattamento, chiedo: “Tu cosa hai sentito? Cosa hai Provato?”. Sentire e ascoltare sono passi fondamentali, un approccio diverso che ci induce a quel sentire la nostra parte più intima ed emozionale che partendo dall’interno si irradia a livello energetico verso l’esterno.
Tutto questo lavoro mi ha convinta ad aprire la mia pagina Facebook “La Lanterna di Ara”, intendendo per ara l’antico altare che custodiva il fuoco proprio dell’energia femminile e che ora per me ha la connotazione di uno spazio virtuale cha affianca quello fisico di “Casa Regina”. 

La pagina ha attratto persone da molte parti d’Italia e non solo magari leggendo un mio pensiero, una riflessione o guardando semplicemente una foto postata da me traggono giovamento e conforto. Ho compreso con il tempo che questo luogo virtuale è un mezzo per dare e ricevere, soprattutto accogliendo nuovi input e stimoli per intraprendere nuove iniziative, in uno scambio che crea un cerchio infinito di occasione di crescita reciproca.

I LIBRI 
Ho visto che alcuni libri ispirati a Regina Dal Cin, in particolare “Regina, storia di una grande donna”. Come sono nate queste tue opere letterarie?
Il libro è nato durante il lockdown, mi ci sono voluti due anni circa per terminarlo e tutto è ben documentato come si vede dai rimandi alle note. Ho scelto uno stile scorrevole con l’intento di trasmettere con chiarezza i messaggi di Regina, la sua capacità di resilienza, di affrontare le avversità con fede e fermezza, l’abilità innata nell’ascoltare l’anima e nell’assecondare i propri talenti senza curarsi del giudizio altrui. Ho voluto far comprendere al lettore la sua risolutezza nel portare avanti ad ogni costo la propria missione, quella dote che si era rivelata in lei fin da bambina e la accompagnata fino alla fine concedendole la facoltà di compiere atti straordinari dal punto di vista umano e mantenendo fisso l’obiettivo del benessere altrui, un faro che ha illuminato il suo cammino infondendole il coraggio di andare controcorrente senza timore, sostenuta anche dalla sua vivida intelligenza.

La mia ricerca è partita dalla telefonata al Prof. Ido Da Ros, poi mi sono rivolta al Seminario Vescovile dove ho trovato una cartellina zeppa di documenti raccolti all’epoca da un parroco, lettere e testimonianze, fino a chiedere informazioni alla Biblioteca virtuale di Torino e ricercare trai registri delle parrocchie. Tra le righe è facile per chi ha la giusta sensibilità cogliere dei significati rappresentati da simboli, una lettura che si fa più sottile e rivela nelle frasi una doppia valenza. Non volevo farne un trattato di storia, ma onorare la memoria di una donna eccezionale mai riconosciuta dalla storia e perpetuarne gli insegnamenti. Durante la stesura mi arrivavano continuamente informazioni che non potevo ignorare così come mi giungevano dall’inconscio suggerimenti sottoforma di immagini e questo ha facilitato non poco la capacità di comunicare l’essenza vera del messaggio di Regina ai lettori così da proporre un’inquadratura a tutto tondo della sua straordinaria personalità.


L’intervista potrebbe durare delle ore tanto è coinvolgente la storia di Regina Dal Cin e di Simona Magagnin, l’incrociarsi di due vite che ignorando la separazione dovuta al tempo hanno trovato un punto di incontro nella profondità delle loro anime illuminate dalla potenza del bene. A sorpresa io e Simona scopriamo di avere un comune interesse per la figura di Ildegarda di Bingen che periodicamente compare nella mia vita, credo avvenga quando entro in sintonia con anime a me affini. 

Un segno forse, la rivelazione di un legame che mi rende più chiara la scelta di vita di Simona che dopo avermi presentato Regina l’ha resa quasi una figura a me familiare, come se la sua presenza aleggiasse nella casa per assicurarsi che la sua opera non termini ma continui assiduamente sulla via di quel donarsi agli altri che ancora illumina le stanze e getta un’aura di splendore nel cuore di chi vi accede, una sensazione che abbraccia la totalità del nostro essere.

Monia Pin

Ultimo aggiornamento: 20/05/2024 12:00